di Luca Salomone

Il Centro studi Confimprese, in collaborazione con Jakala, fa il punto, in occasione dell'ultimo 'Retail summit', sulle prospettive del retail nel 2024. Si scopre che l’anno, per la base associativa, dovrebbe chiudersi con 5.580 nuovi punti vendita, in progressione del 6,6 per cento. Ben 3.240 debutti avverranno fra luglio e dicembre, mentre il progresso occupazionale, nei dodici mesi, creerà 33.264 nuove posizioni.

Poche chiusure, ben motivate

Il trend delle chiusure dovrebbe, quindi, risultare debole, con una flessione numerica del 2% rispetto al 2023, dovuta agli eccessivi oneri immobiliari (11% delle risposte), ma soprattutto (38%) ai costi di razionalizzazione del network. Meno pesanti e in diminuzione le percentuali di coloro che indicano le scadenze dei contratti di affitto (9%) o degli accordi con i franchisee (4%).

Più in dettaglio nelle aperture, a dispetto di un consuntivo di oltre 2 mila nuovi negozi nei primi 6 mesi, le aziende, osserva Confimprese, hanno adottato, a inizio 2024, una maggiore prudenza nello sviluppo, alla luce del contesto geopolitico internazionale e di un inizio anno non brillante per i consumi, in flessione tendenziale dello 0,8% nel progressivo gennaio-maggio 2024.

Afferma Mario Resca, presidente di Confimprese: «Il 2024 dovrebbe essere ancora trainato dalla ristorazione. Tuttavia, siamo penalizzati dall'asimmetrie tra off e online. Il mondo del commercio è profondamente cambiato e la riforma urge. È impensabile richiamare e adottare decreti del 1998, o del 2001, per le vendite digitali, quando il canale era sconosciuto. È necessario che il legislatore riveda l’intero impianto, per equiparare fisico e online, e si renda consapevole che il retail muove complessivamente 445 miliardi di fatturato».

Quanto alle location, come nel primo semestre, si dimostra prioritario per tutti i settori, il sistema formato da centri commerciali, outlet, retail park e travel, indicato dal 100% delle aziende di abbigliamento e accessori, dall’82% della ristorazione e dal 62% del cosiddetto ‘altro retail’.

Significativo, tuttavia, anche lo sviluppo dei negozi di prossimità, sia nelle aree periferiche, sia nelle principali strade urbane dello shopping. I siti cittadini e stand alone sono privilegiati dal 38% dell’altro retail, dal 33% dell’abbigliamento-accessori e dal 29% della ristorazione.

AI: molto più diffusa del previsto

In occasione del preconsuntivo Confimprese, Jakala ha presentato una ricerca sull’intelligenza artificiale nel retail, nuova frontiera per le modalità di vendita e organizzazione dei negozi.

Nello specifico il campione delle aziende rispondenti era composto, per il 44%, da ristoratori, per il 26% da esercenti di abbigliamento-accessori e, per il, 30% dall’altro retail (casa-arredo, elettronica e telefonia, fra i più rappresentati).

«L’analisi – commenta Marco Di Dio Roccazzella, general manager di Jakala – evidenzia diversi ambiti di applicazione dell’AI, che spaziano dal marketing e dal miglioramento dell’esperienza dei clienti, fino alle funzioni corporate, con un impatto significativo sulla riduzione dei costi, sull’efficienza e sull’aumento della produttività. L’AI generativa viene sperimentata con successo soprattutto nella comunicazione personalizzata e nel servizio ai consumatori, grazie alla sua capacità di creare contenuti su misura e automatizzare il supporto (assistenza e consulenza) con un alto livello di sofisticazione, migliorando notevolmente l’interazione con il pubblico».

Risulta che il 62% degli interpellati – quota sorprendentemente alta – applica già l’AI nell’ambito dell’iper-personalizzazione, incrementando l’open rate (quota dei destinatari) delle campagne fino al 15 per cento e il tasso di conversione fino al 25 per cento.

Il 42% dichiara di usare questa tecnologia per definire il mix degli investimenti di marketing e circa il 30% per formulare i prototipi dei beni e rinnovarne il design.

È interessante notare, infine, che solo il 19% degli amministratori delegati dichiara di adottare l’AI per lo sviluppo di modelli di pricing. «Questo – precisa Roccazzella - conferma che il settore ha ancora un ampio margine di miglioramento per ridisegnare le politiche di offerta».

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