Lo riferisce il sito di economia “Wall Street Italia”: “L'obiettivo è di contrastare gli eccessi delle liberalizzazioni, che, a detta di molti commercianti, penalizzerebbero i piccoli negozi a favore dei centri commerciali e della grande distribuzione. Il 14 maggio una delegazione di Confesercenti ha depositato presso la Camera dei Deputati la proposta di legge di iniziativa popolare per cambiare la normativa sulle liberalizzazioni e riportare nell’ambito delle competenze delle Regioni le decisioni sulle aperture degli esercizi commerciali. Fino ad ora sono state raccolte più di 50.000 firme, il minimo per promuovere una legge. Secondo i promotori di questa iniziativa: "con il fatto di tenere sempre aperto non sono aumentati i consumi, né il Pil, né tantomeno l'occupazione e senza una nuova legge nei prossimi 5 anni, più 80.000 negozi saranno costretti a chiudere. Perché a trarre vantaggio da questa situazione è solo la grande distribuzione".
Quello che stupisce è che i piccoli imprenditori non si mobilitino invece contro il sistema bancario che ha azzerato i finanziamenti contro chi vuole fare impresa sul serio, decretando la morte collettiva delle Pmi e negando loro l’unico argomento valido per competere con la gdo: l’innovazione di prodotto e di servizio.
Persino un big come Coop Adriatica ha annunciato ieri la propria sofferenza sui grandi format, ormai disertati dai consumatori. “Se guardiamo a quello che succede oggi nella società – ha dichiarato Paola Primori, direttore generale alla gestione della cooperativa - è molto difficile immaginare che nel futuro il luogo della spesa sia uno spazio enorme come l’ipermercato».
A ulteriore riprova di quanto stiano rantolando i consumi ci sono i dati emanati nei giorni scorsi dall’Istat. L’inflazione di aprile si è fermata allo 0,1%, ma solo perché la gente non compra più: la frutta, documentano Ismea e Coldiretti, ha perso il 4%, il pesce il 5%, la carne bovina il 6%, il vino il 7%, l’olio di oliva l’8%.
Numerose indagini, sebbene di parte (Federdistribuzione), hanno più volte dimostrato che gli italiani apprezzano l’acquisto domenicale. In una simile situazione quello che bisogna fare è regolamentare seriamente i turni, in accordo con i sindacati, fare capire che il lavoratore è libero di scegliere, ma certo non ripiegare, non rinunciare a un’opportunità per l’impossibilità di tenere il passo. Un’impossibilità che deriva, lo ripetiamo, non dalle liberalizzazioni, ma dal credit crunch.