I Big Data, la grande massa di dati di cui dispongono oggi le aziende, proveniente da diverse fonti, rappresentano un patrimonio “sprecato” se non opportunamente utilizzato. Tra questi dati esistono relazioni non note, che devono essere comprese e organizzate, perché il dato da “grezzo” si trasformi in “informazione”.


“È necessario che i Big Data siano supportati dagli analytics, strumenti che elaborano dei modelli per interpretare le informazioni e che sono in grado di fornire indicazioni strategiche per lo sviluppo del business aziendale. Rispetto al passato, registriamo una maggiore consapevolezza non solo dell’importanza dei dati ma anche della necessità di sistemi realmente performanti per elaborarli. Il dato grezzo è inutile: serve l'analisi. Tutto quello che non viene analizzato è un costo aziendale e un mancato guadagno”, dichiara Luca Rodolfi, responsabile della divisione di business intelligence di SB Italia, società specializzata in soluzioni IT per la gestione, l’integrazione e l’ottimizzazione dei processi aziendali.


Le aziende stanno investendo infatti sempre di più nelle piattaforme per la gestione dei Big Data: secondo le previsioni di Forrester Research, il mercato è destinato a crescere mediamente del 12,8 percento l’anno nei prossimi cinque anni. Gli analisti prevedono che, nel corso del 2016, circa il 40% delle aziende implementerà tecnologie collegate o estenderà le implementazioni già presenti, mentre un altro 30% ha intenzione di adottare soluzioni per i Big Data nei prossimi 12 mesi.
Anche secondo i dati elaborati dall’Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence del Politecnico di Milano, le priorità di investimento per il 44% dei CIO riguardano proprio questi temi. “Ci troviamo davanti ad un potenziale davvero significativo: il nostro compito è quello di sensibilizzare le aziende sulla necessità di utilizzare in modo sempre più appropriato i dati a propria disposizione, a supporto del business”, continua Rodolfi.


Sempre secondo i dati del Politecnico, banche, industria manifatturiera e telco-media coprono oltre il 60% della domanda di analytics, mentre il comparto assicurativo, attualmente fermo al 5%, segna il più alto tasso di crescita, oltre il 25%.


Da un punto di vista di professionalità, i dati dell’Osservatorio sottolineano come, se i CIO rappresentano al momento i principali punti di riferimenti per il controllo e la gestione degli analytics, le figure del chief data officer e del data scientist, dotati di competenze specifiche, cominciano a comparire nelle aziende. La capacità di applicare gli analytics ai Big Data, è una competenza sempre più desiderata (e richiesta) dalle aziende.