La formula del Franchising funziona e dà garanzie di affidabilità e protezione agli imprenditori che la scelgono. Lo conferma l’annuale ricerca Franchising 2017, condotta da Confimprese in collaborazione con EY su un campione di 80 aziende, di cui il 43% con fatturato oltre i 50 milioni. Dall’indagine, che esamina la relazione tra la struttura del contratto di franchising e la gestione del rischio imprenditoriale, focalizzando l’analisi sulla fase delle trattative precontrattuali tra franchisor e franchisee e sui contenuti del contratto, emerge che nel franchising il contenzioso è basso: le controversie nascono dopo i primi 3 anni dall’inizio del contratto in quasi il 60% dei casi e il 41% dei retailer le risolve in via commerciale senza adire alla fase giudiziale.
Anche il mancato pagamento delle royalty viene risolto nel 42% dei casi in via commerciale, evitando di attendere le tempistiche del contenzioso giudiziale.
I dati dello studio mostrano un quadro incoraggiante per il futuro del comparto retail, dopo anni di grave difficoltà. In media i retailer italiani aprono, direttamente o in franchising, 10 nuovi punti vendita ogni anno con le chiusure medie che si aggirano intorno ai 3 punti vendita anno. Nel 2017 il tasso medio di rinnovo dei contratti di franchising raggiunge il 56%, con punte anche più alte nei settori dell’alimentare e dell’abbigliamento.
«La survey conferma scenari positivi – afferma Mario Resca, presidente Confimprese –. I settori più dinamici si confermano fashion e food, con una media di aperture, quest’ultimo, del 30% superiore agli altri sub-settori e chiusure vicine allo 0. Il benchmark tra Europa e i Paesi dove il franchising è più sviluppato mostra, però, che l’incidenza sul Pil, nonostante il settore in Italia sia in crescita, è ancora limitata pari all’1.89% contro il 5,95% degli Stati Uniti e il 10,83% dell’Australia».
Il modello di business più diffuso si conferma quello del pluri franchisee che apre più punti vendita con il marchio del franchisor o gestisce più brand purché non in concorrenza. Il 65% dei retailer lavora con imprenditori che fanno franchising in modo seriale, con dimensioni e volumi di affari rilevanti.
Sul fronte delle clausole contrattuali, nell’era del retail 4.0 solo il 27 % dei franchisor dichiara di aver inserito nel contratto clausole relative all’e-commerce, segno che nel nostro Paese non vi è ancora una forte sensibilità rispetto ai canali online.
Nei contratti è invece diffuso l’inserimento di clausole volte a regolamentare sia l’obbligo di non concorrenza (90%) sia l’esclusiva territoriale (70%).
Spiega Stefania Radoccia, Italy Law Leader di EY – “A fronte di un utilizzo così diffuso del patto di non concorrenza e del vincolo di esclusiva territoriale, solo il 7% degli affilianti dice di avere avuto controversie relative a queste clausole. Tra le principali cause di contenzioso citate dai franchisor, il 65% dichiara l’inadempimento del franchisee nel mancato o ritardato pagamento della merce in conto vendita e il 26% le controversie relative agli elementi essenziali del contratto».
Tra i fattori di successo della fase esecutiva del contratto di franchising, la ricerca evidenzia che la duplicazione fedele del sistema nel punto vendita affiliato è un fattore determinante, così come la territorialità della rete in franchising, che permette un presidio capillare della zona di influenza e garantisce continuità nella gestione del punto vendita. È la filosofia delle grandi librerie che nel 90% dei casi assorbono librai indipendenti conoscitori del territorio.
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Aggiornato al 16 Settembre 2024 - ore 00:00