La logistica nel largo consumo è cambiata. Profondamente. Nell’arco dell’ultimo decennio ha avviato un articolato percorso di “riprogettazione” delle operation, che sta già dando i suoi primi risultati in termini di efficienza, servizio e sostenibilità.
È quanto emerso a Milano, durante l’incontro “Dieci anni di logistica nel largo consumo. Cosa è cambiato”, organizzato da GS1 Italy per fare il punto sulla situazione attuale e per mettere a fuoco le sfide di domani, individuando le soluzioni per affrontarle, in una chiave sempre più green.
A distanza di 10 anni dalla prima edizione dalla sua ricerca, GS1 Italy ha voluto aggiornarla e con la nuova edizione della “Mappatura dei flussi logistici nel settore del largo consumo in Italia” ha fatto il punto sulla logistica nella filiera del mass market, misurandone flussi fisici, ordini e consegne, colli e pallet, mezzi e viaggi, saturazione e impatto ambientale.
Dall’analisi è emerso che nel 2018 questa filiera ha movimentato oltre 3,2 miliardi di colli, per un totale di circa 18 milioni di tonnellate di merce trasportata a partire da 68 milioni di pallet prodotti.
La “Mappatura dei flussi logistici nel settore del largo consumo in Italia” di GS1 Italy è frutto di un progetto durato nove mesi, svolto da un team universitario che ha condotto oltre 60 interviste dirette a operatori della logistica e a imprese di produzione e distribuzione, ed effettuato 1.000 rilevazioni in banchina presso i centri distributivi (Ce.Di) della GDO. Ne è emerso un quadro molto rappresentativo e significativo della supply chain del largo consumo, che appare molto diversa da quella “fotografata” dieci anni fa. Con molte luci e alcune ombre.
Sono tanti i fattori che concorrono a rendere sempre più complicata la gestione dei flussi logistici nel largo consumo. Il primo è l’aumento del numero di referenze gestite dal Ce.Di, che, tra il 2009 e il 2018, è cresciuto in media di +2,1% l’anno.
Per il secco l’ampliamento della gamma ha comportato anche un allungamento della coda di referenze “basso vendenti” (l’84% degli articoli genera solo il 20% dei volumi). Altri elementi di complessità sono i vincoli imposti nelle zone a traffico limitato, che richiedono mezzi più piccoli e meno inquinanti (come motrici e furgoni a basse emissioni), la crescita dei materiali da trasportare nei punti vendita (come gli espositori, che hanno ormai raggiunto il 2% dei flussi in ingresso ai Ce.Di) e l’invecchiamento del parco pallet.
Un altro fattore che complica la gestione della supply chain è il sempre maggiore sbilanciamento nel calendario dei flussi di consegna: il 35% delle consegne del secco si concentra nella quarta settimana del mese (+5% rispetto al 2010) e il 75% in tre giorni della settimana (lunedì, giovedì e venerdì).
La centralizzazione dei flussi, con il ruolo crescente dei Ce.Di sia in termini dimensionali che di quota sui flussi logistici, e l’aumento delle unità di carico sono gli effetti più evidenti della ricerca di efficienza attuata nel corso del decennio lungo la supply chain.
Nella relazione tra aziende di produzione e GDO, l’89% dei flussi passa attraverso una rete di 450 Ce.Di presenti su tutto il territorio nazionale, che alimentano la rete dei punti vendita iper, super e a libero servizio.
Nel 1994 dai Ce.Di transitavano il 77% dei volumi del secco e il 29% di quelli del fresco. Oggi il tasso di centralizzazione è arrivato al 90% nel secco e all’83% nel fresco (salumi e latticini). Ma la situazione resta disomogenea, soprattutto nel secco, dove alcune catene della GDO puntano al 100% di centralizzazione (anche grazie a sistemi automatizzati per la gestione degli articoli di classe C) e altri si fermano al 70% a causa del peso dei localismi sull’assortimento a scaffale.
Anche nella distribuzione dei flussi logistici si è registrato un aumento di quelli diretti dallo stabilimento o dal deposito centrale al Ce.Di, passati in un decennio dal 77% al 82%. L’evoluzione delle unità di carico è un altro indicatore interessante della ricerca di efficienza lungo la supply chain. L’incremento medio dell’order size è uno tra i migliori risultati ottenuti nel decennio con un +4% nell’incidenza media delle unità di carico intere pallettizzate in ingresso al Ce.Di, arrivate oggi al 78% di quota.
Lo scenario è ancora più positivo se si considera che tra il 2009 e il 2018 sono aumentati anche i pallet misti in ingresso ai Ce.Di (6%) e sono diminuite di - 9% le unità di carico allestite a strati (i cosiddetti “pallet sandwich”), oggi scese al 16% di incidenza.
Nel fresco, in particolare, sono cresciute sia le unità di carico intere in ingresso ai Ce.Di (37%) sia le unità di carico miste (27%), anche con soluzioni interessanti (come l’interfalda) grazie al maggior ricorso all’uso dei pallet “a piramide” o “a colonna”.
Il 42% delle consegne ai Ce.Di avviene dietro prenotazione degli slot di scarico da parte dei produttori e degli operatori. E solo il 5% delle richieste non viene accettato
per mancanza di slot. Elevata, però, la concentrazione oraria: il 70% delle 600 mila prenotazioni riguarda la fascia tra le 6 e le 11.
Anche nell’approccio alle politiche di riordino la collaborazione tra gli operatori della supply chain è risultata vincente. L’analisi condotta su un campione ristretto di aziende di produzione ha rivelato che il numero di colli per ordine (ordin size) è cresciuto in media di +11% negli ultimi cinque anni. È emerso anche che i tre produttori analizzati svolgono un ruolo fondamentale per aumentare il drop size: per alcuni oltre il 15% delle consegne avviene con dirette FTL - Full Track Load.
Da un lato la ricerca di una risposta efficace e funzionale a un contesto sempre più complesso, dall’altro l’impegno a migliorare la sostenibilità: come coniugare queste due esigenze? Investendo per ottimizzare la filiera, come rivela la ricerca di GS1 Italy che delinea il mondo della logistica come un cantiere sempre aperto, un “work in progress” dove si applicano soluzioni e innovazioni finalizzate a migliorare l’efficienza della supply chain. E che la stanno rendendo anche più “green”.
La conferma è venuta dalle testimonianze dirette di Coop Italia, Conad, Fater e Nestlé che hanno raccontato le loro esperienze e le loro innovazioni riguardo la digitalizzazione, l’automazione, la collaborazione di filiera e la sostenibilità della supply chain in una tavola rotonda.
Dalla ricerca di GS1 Italy e dalle case history presentate è emerso che nell’ultimo decennio le aziende hanno lavorato su più fronti per migliorare l’impatto ambientale della supply chain: hanno ridotto di -18% le emissioni degli automezzi nei trasporti dagli stabilimenti ai Ce.Di, hanno aumentato di +49% il ricorso alle unità di carico intere e di +19% la saturazione dei mezzi, e hanno accresciuto di +12% il ricorso ai bilici. Ottenendo un risultato concreto: il risparmio di 97 mila tonnellate di Co 2 l’anno.
Inoltre, la miglior gestione dei flussi, con l’aumento della saturazione dei mezzi (arrivata al 90% in pianta in partenza e all’80% in pianta in arrivo), dovuta all’incremento medio dell’order size, e con il maggior utilizzo di bilici diretti nei Ce.Di (75% contro il 67% del 2009), ha fatto segnare un altro importante goal: 450.000 viaggi equivalenti in meno rispetto al 2009. Questi miglioramenti sono frutto di una maggior collaborazione nella filiera, in particolare per i processi di riordino. Dal 2015, infatti, GS1 Italy sta portando avanti una serie di iniziative per aumentare il livello di collaborazione lungo tutto il processo order-to-delivery - dallo sviluppo del simulatore SI.RI.O. ai laboratori esperienziali per testare e implementare le logiche di riordino ottimo per la filiera.