di Luca Salomone

Semaforo verde ieri, 15 marzo, al nuovo Regolamento imballaggi e alla Direttiva sul dovere di diligenza delle imprese per la sostenibilità.

Gli ambasciatori dei 27 Paesi Ue hanno confermato e ratificato l’esito positivo del confronto instaurato fra il Parlamento europeo e il Consiglio.

“Si tratta – spiega una nota del Governo italiano - dell’ultimo passo per l’adozione dei provvedimenti, che saranno poi formalizzati dallo stesso Parlamento Ue e dai Ministri dei Ventisette. I testi, approvati, saranno trasmessi di nuovo al Parlamento e, quindi, al Consiglio per l’adozione finale”.

Aggiungiamo che la normativa, in massima parte, non avrà bisogno di seguire un iter di recepimento: per i regolamenti, infatti, è stabilito che i tempi e le modalità di entrata in vigore dipendano solo dalla data fissata nel documento stesso o, in assenza di tale indicazione, entro 20 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione. Ma, nello specifico, le autorità nazionali avranno due anni per definire e realizzare eventuali piani di miglioramento o di posa di infrastrutture di raccolta e riciclo.

Gli obiettivi di riciclo

Il target di recupero, al 2029, è del 90% per le bottiglie usa e getta in plastica, nonché dai packaging metallici destinati alle bevande. Saranno anche vietate le confezioni di verdura e frutta fresca sotto un chilo e mezzo di peso, ma si salveranno, pare, gli alimenti di quarta gamma (fondamentalmente insalate in busta), purché il packaging abbia un contenuto di plastica non superiore al 5 per cento.

Per i prodotti da asporto la scelta spetterà al consumatore, che potrà scegliere se impiegare sacchetti propri e riutilizzabili, senza pagare un piccolo sovraprezzo, oppure la confezione monouso, proposta dagli esercenti.

Inoltre, gli imballaggi, con particolare riguardo a quelli plastici, dovranno essere ridotti del 5% entro il 2030, del 10% nel 2035 e del 15% per il 2040.

Sarà valido il principio di reciprocità, in base al quale i produttori extra Ue dovranno adottare le stesse regole vigenti nella Comunità europea.

Il Governo esulta

Il lungo iter – circa due anni - di quella che è nota come proposta Ppwr (Packaging and packaging waste regulation), ha visto il nostro Paese costantemente all’opposizione, in quanto l’Italia presenta già quote di riciclo molto elevate e quindi si temeva una destabilizzazione di un modello ben funzionante.

Ora, invece, il Governo esulta, specie perché l’obbligo di riuso, uno dei capisaldi originari, in parte tramonta: vengono esentate le confezioni di vino, spumante, spiriti e latte. Inoltre, spiega una nota di Palazzo Chigi, la riduzione del packaging “lascia, come da noi auspicato, flessibilità agli Stati e agli operatori nella scelta delle misure per raggiungere l’obiettivo, in particolare tra imballaggi riutilizzabili e quelli monouso riciclabili, laddove questi ultimi, come nel caso della ristorazione, rappresentano ancora l’opzione che offre il risultato ambientalmente migliore e la migliore garanzia per la conservazione dei prodotti agroalimentari”.

Continua il Governo: “Gli emendamenti approvati incentivano tecnologie in cui stiamo investendo, come il riciclo chimico, salvaguardano inoltre settori nei quali le nostre aziende hanno accresciuto la riciclabilità degli imballaggi e in cui sono all’avanguardia, come quello delle plastiche compostabili, o in cui esportiamo prodotti di eccellenza, come vini, spumanti, vermouth e distillati. Nella gestione dei rifiuti, libertà di scelta è concessa tra l’adozione del deposito cauzionale e il mantenimento di modelli virtuosi di raccolta separata, come quello italiano. L’Italia – si legge ancora - ha svolto un ruolo chiave nel raggiungimento di un testo equilibrato ed efficace, che concentra gli oneri sulle società di grandi dimensioni (oltre 1.000 dipendenti e 450 milioni di fatturato globale), meglio in grado di monitorare le proprie catene di approvvigionamento e di contribuire alla mitigazione degli effetti delle attività economiche sui cambiamenti climatici, nonché alla tutela dei diritti umani delle persone interessate dall’attività d’impresa”.

Ma c'è chi dice no

Tutti contenti? Mica tanto. Si va dalla cautela alla reazione dura. Su questo versante lancia un affondo Unionplast-Federazione gomma plastica.

L’11 marzo, cioè quando ancora l’esito dell’accordo fra Parlamento e Consiglio europeo non era confermato, anche se quasi scontato, il presidente dell’associazione, Marco Bergaglio, ha fatto osservare che «molte delle previsioni normative sui divieti, sulle quote riutilizzabili, sui requisiti di riciclaggio e sul contenuto di materiali riciclati, si applicano solo agli imballaggi in plastica, o prevedono eccezioni per altri materiali di imballaggio: l’obiettivo, dunque, forse non era ridurre e prevenire i rifiuti da imballaggio, dal momento che si ammette che l’imballaggio è irrinunciabile purché non sia di plastica, in violazione di qualunque principio di neutralità che dovrebbe guidare la normativa e, soprattutto, in direzione contraria alle tante evidenze scientifiche che indicano come l’imballaggio in plastica sia spesso la soluzione più sostenibile».

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