La crisi dei mutui subprime non c’entra. Forse qualche responsabilità l’hanno avuta le forti tensioni sui listini internazionali delle materie prime che dallo scorso anno creano subbuglio in numerosi settori produttivi, oltre che nelle tasche dei consumatori. Fatto sta che il Parmigiano Reggiano, universalmente riconosciuto come “il re dei formaggi”, si trova in grave difficoltà. Una situazione definita «critica». Tanto che secondo la Cia (la Confederazione italiana degli agricoltori) il 30% dei produttori rischia in breve tempo il fallimento.

LE CAUSE
Le cause di questa situazione di crisi, stando a quanto ammettono la stessa Cia e il Consorzio di tutela del Parmigiano Reggiano, sono da individuare in un sensibile aumento dei costi di produzione, avvenuto soprattutto da un anno a questa parte. E non c’è dubbio che molto si possa fare nella direzione di una ottimizzazione dei costi di filiera.

J’ACCUSE
Ma il dito viene puntato in particolare contro le politiche distributive delle catene alimentari, ree di non “valorizzare” sufficientemente il prodotto. In termini più prosaici: sconti, promozioni, vendite sottocosto e politiche di acquisto a prezzi al ribasso (favorite però – vale la pena rammentarlo – dalla frammentazione dell’offerta rappresentata da 429 caseifici che si ritrovano a interloquire con i buyer della distribuzione in ordine sparso, rispetto a una domanda sempre più concentrata in supercentrali e quindi sempre più potente sotto il profilo contrattuale) che stanno creando gravi danni rischiando di mettere in ginocchio il comparto. Insomma, un’accusa di quelle pesanti, che vedrebbe la gdo usare il Parmigiano Reggiano come un vero e proprio specchietto per le allodole, con situazioni che vedono lo stagionato venti mesi in vendita a 7,90 euro al chilo.

I CONTI
E in effetti, a proposito di prezzi, bastano pochi dati per rendersi effettivamente conto di come stanno le cose. Secondo il Consorzio di Tutela, produrre il Parmigiano Reggiano costa al chilo tra i 7,97 e gli 8,23 euro. Il prezzo medio allo scaffale oscilla tra i 13,90 e i 15,90 euro sempre al chilo. Ma sette forme su dieci vengono vendute in promozione a prezzi compresi tra 7,90 e 9,50 euro (in deroga a una norma che vieta tali tipi di vendite a prodotti alimentari che non siano freschi e deperibili). Ed è dubitabile che la gdo ci perda granché. Considerato che quasi il 60% del Parmigiano Reggiano viene commercializzato nei punti vendita della distribuzione moderna si può capire quale sia lo stato dell’arte.

LA SOLUZIONE

Come uscire da questa impasse? La soluzione non sembra essere proprio dietro l’angolo. Intanto Cia e Consorzio hanno chiesto un tavolo di discussione con il ministro delle Politiche agricole Zaia per discutere la crisi del settore e individuare possibili soluzioni. Ciò che viene chiesto è la fissazione di un prezzo minimo, in deroga alle regole dell’Antitrust, per la durata di tre anni e il ritiro di qualcosa come 100-150mila forme, che andrebbero destinate a programmi internazionali di cooperazione alimentare o a programmi nazionali destinati a fornire aiuto agli indigenti. Ma tra il dire e il fare ci saranno di mezzo sicuramente i mugugni delle catene distributive e, ovviamente, dei consumatori, incolpevoli beneficiari di quella che assume sempre più i contorni di una “guerra di poveri”.