Solo a sentirlo dire fa un po’ paura ed evoca drammatici scenari d’altri tempi. Eppure sta succedendo. Il razionamento di alcuni generi alimentari, cereali nella fattispecie, è iniziato. Ma altri generi di prima necessità potrebbero presto seguire. Forte aumento della domanda da parte di paesi emergenti, crisi petrolifera, speculazioni. Le cause sono diverse, ma poco importa.

A dare il là sono state le principali catene di supermercati inglesi, che hanno iniziato a razionare le vendite di riso. Da qualche giorno Netto permette l'acquisto di una sola confezione di riso formato famiglia alla volta. Il discounter Lild, presente anche in Italia, limita le vendite per cliente a un massimo di 5 pacchi da un chilo o di due pacchi da dieci chili. Altri grandi gruppi come Tesco hanno adottato misure restrittive in singoli punti vendita.

Gli allevatori tedeschi, dal canto loro, hanno interrotto le consegne di latte alle industrie alimentari, seguiti da quelli di Olanda, Svizzera e ora anche dagli allevatori italiani. Una protesta (che mira al riconoscimento di prezzi alla stalla più alti per coprire l'esplosione dei costi di produzione) i cui effetti nel nostro paese si faranno doppiamente sentire se non si troverà un accordo, considerato che importiamo il 40% del nostro fabbisogno.

Come se non bastasse, è iniziato in questi giorni lo “sciopero del prosciutto”: agli allevatori suinicoli nostrani non va giù la forbice tra prezzi al consumo e costi di produzione. Davanti a una crescita record di questi ultimi (in particolare dei mangimi) i prezzi riconosciuti per la vendita delle carni – lamentano - non sono più remunerativi.

Così, quello che ci aspetta potrebbe non limitarsi a un razionamento di riso e altri altri cereali sugli scaffali dei supermercati. I consumatori europei e italiani in particolare potrebbero vedere scarseggiare il latte fresco. Senza contare il rischio di mettere in forte difficoltà la produzione dei formaggi tipici come il Grana Padano che assorbono buona parte della produzione nazionale. Stesso scenario si profila nel settore dei salumi. Gli allevatori suinicoli, infatti, si sono impegnati a non consegnare maiali ai macelli e a consegnarli privi del certificato che ne consente la trasformazione in prodotto a denominazione di origine (Dop). Una azione che rischia di provocare la scomparsa di prosciutto e salumeria certificata Made in Italy dalle tavole degli italiani e non solo.