Indietro non si torna e dunque coloro che continuano a predicare in favore dell’abolizione delle aperture domenicali si mettano pure l’animo in pace. A dirlo non è una fonte qualsiasi, ma l’Antitrust, che in un recente monitoraggio sulla materia constata che, pur essendo qualsiasi osservatore consapevole che esistono impedimenti di natura economica, “la risposta più adeguata non è il ripristino della situazione precedente o la ricerca di una nuova regolamentazione, ma l’eliminazione dei vincoli che impediscono il pieno realizzarsi della liberalizzazione”.

L’Agcm prende atto di quanto sottolineato da varie parti, ossia che i negozi aperti durante le festività non hanno dato il frutto sperato, ma stigmatizza l’atteggiamento di parecchi enti locali, segnatamente le Regioni, che sono intervenuti parecchie volte come freno e ribadisce che “la tutela della concorrenza rientra nelle competenze del legislatore statale” e che tutto quanto funziona da ostacolo deve ritenersi “contrario ai principi posti a tutela della concorrenza stessa”.

Se con l’organismo presieduto da Giovanni Pitruzzella c’è ben poco da scherzare, è anche vero che l’Antitrust, come si conviene a un organo super partes, riconosce che le domeniche di apertura non sono state in effetti un grande successo. Se l’89% dei centri commerciali ha sfruttato questa opportunità, i piccoli dettaglianti hanno tenuto, in oltre 55 casi su 100, le saracinesche abbassate, per mancanza di un vero ritorno economico o per motivi familiari. E anche quella parte della gdo che ha optato per la chiusura lo ha fatto per una concreta mancanza di convenienza, o per una precisa scelta strategica. E tuttavia il 20% dei soggetti sentiti – ma attenzione, la stessa Agcm avverte che il monitoraggio è solo conoscitivo e non ha un forte valore statistico – sottolinea in matita rossa i lacci di ordine amministrativo.

L’Agcm, che a suo tempo era stata incaricata appositamente di vigilare su quanto indicato dal decreto Salva Italia in materia commerciale, passa ora la patata bollente alla commissione Attività produttive della Camera e ai relativi progetti di legge in corso. Ma avverte che il permanere di vincoli locali potrebbe comportare “la facoltà, espressamente prevista dal legislatore, di attivare i poteri sostitutivi dello Stato”.