di Maria Teresa Giannini e Luca Salomone
Frutto dell’integrazione delle due divisioni Beauty care e Laundry & home care, la nuova business unit Consumer brands di Henkel ha aperto ufficialmente a gennaio 2023 in Italia e, dai dati trimestrali pubblicati giovedì 4 maggio, parrebbe essere “l’anima” della crescita del gruppo.
Il fatturato della multinazionale chimica tedesca, fondata nel 1876 ad Aquisgrana e trasferitasi nel 1878 a Düsseldorf, è aumentato del 6,4% in termini nominali, passando dai 5.271 milioni dello stesso periodo dell’anno scorso a 5.609 milioni (del 6,6% se depurato dagli effetti dei cambi valutari e da acquisizioni e disinvestimenti). Inoltre, con la nuova divisione, Henkel entra nelle prime 10 grandi d’Europa, lasciandosi alle spalle la 12esima posizione nell’homecare e 19esima nel beautycare. Di questo salto di qualità ci parla Maurizio Salvaggio, direttore vendite Henkel consumer brands in Italia.
Qual è lo scopo della nuova organizzazione?
Abbiamo voluto realizzare una piattaforma multi-categoria dove riunire i nostri marchi più performanti e le nostre competenze a beneficio del consumatore, che, in questo modo, può conoscerci e apprezzarci meglio. Se ne parlava da tempo e, alla fine, questa grande opportunità si è concretizzata. Abbiamo dato maggiore impulso alla rivisitazione radicale del portafoglio marche, avviata da anni in Henkel, eliminando quelle meno strategiche per lo sviluppo futuro. In tutto ciò le nostre stelle polari sono state i criteri di semplificazione, scalabilità e l’arricchimento di competenze, anche grazie all’arrivo di diverse professionalità delle due precedenti business unit.
Che tipo d’investimenti avete in mente? Più sul prodotto o sulla ricerca e sviluppo?
Su entrambi. Già dallo scorso anno il reparto R&S è stato messo sotto pressione affinché fronteggiasse, con innovazioni di prodotto, il rialzo dei prezzi delle materie prime, che non abbiamo riversato interamente sui consumatori. Abbiamo, inoltre, destinato grandi investimenti alla comunicazione, specialmente per alcuni marchi, come Dixan, Pril e Schwarzkopf Palette (colorazione capelli, che era fra gli spot di Sanremo) e, infine, ci siamo riorganizzati internamente, rinforzando alcuni reparti: abbiamo unito le due aree “category management” e “trade marketing”, che prima erano separate, costituendone una nuova, quella di shopper marketing, che lavori all’aggregazione e disaggregazione dei dati del carrello della spesa e li usi per ideare strategie di engagement con i nostri clienti e i loro shopper.
In uno scenario come quello attuale, è difficile fare industria di marca in Italia?
Lo sarà ancora di più, almeno per chi agirà solo su prezzi e promozioni, senza lavorare a livello strategico sull’offerta, osservando e capendo il cambiamento della domanda. Per fortuna, in Henkel, vedo idee molto chiare su cosa significhi fare industria di marca, come pure sulla R&S di prodotti, che rendano ai consumatori la vita più semplice, sulle strategie da perseguire e sulle finalità. Vogliamo essere più agili, più veloci e avere un conto economico più capiente, in grado di restituire all’azienda risorse da reinvestire sulle proprie marche strategiche.
Passando solo al settore cura casa e cura bucato, Assocasa evidenzia una tenuta del mercato, che è passato in questi 3 anni su livelli più alti. Il Covid ci ha insegnato che case e persone devono essere più pulite. Rilevate questa tendenza?
La pandemia, soprattutto nella sua fase emergenziale, ha stravolto alcune dinamiche: siamo stati più a casa lavando meno i capi, e dunque le linee di cura bucato sono scese sia a valore, sia a volume, mentre è “esploso” tutto il segmento cura casa. I prodotti per la colorazione dei capelli sono andati molto bene perché i parrucchieri erano chiusi. Nel 2021 e nel 2022, ovviamente, gli aggiustamenti sono stati di segno opposto. In generale però i mercati, rispetto a 3 anni fa, sono sicuramente cresciuti a valore.
Dal punto di vista dei canali commerciali, ci sono due grandi poli: la Gdo da un lato e il drug dall’altro. Che tendenze emergono secondo lei e qual è il loro peso rispettivo per voi?
Noi cerchiamo di seguire gli andamenti del mercato e avere una rappresentanza commisurata all’importanza dei vari canali, all’interno dei quali, naturalmente, investiamo su clienti che, per noi, sono veri partner strategici. Il drug, d’altro canto, cresce da più di 10 anni. Nelle nostre categorie di cosmetica ha un peso davvero elevato, addirittura nella colorazione incide più del 50% del fatturato, forse perché sono categorie molto piccole per un food retailer, mentre qui trovano la loro collocazione migliore, cosa vera anche per un detersivo, ma non a simili livelli. Diverso discorso per l’e-commerce che, per quanto sia anch’esso un canale in crescita, a livello italiano pesa appena il 2,7%: c’è ancora un tema aperto con i distributori su come riuscire a gestire il servizio nei piccoli centri, fuori delle grandi città, in modo sostenibile e profittevole.
Le private label sono per voi un concorrente o un’ulteriore opportunità di mercato?
Non siamo fornitori di private label, ma non le ho mai viste come una forma di concorrenza e credo che sia lecito, per un retailer, avere una giusta composizione della propria offerta, costruendosi una propria loyalty d’insegna. Non credo però che arriveremo mai ai livelli di Pl di Germania e Spagna: il nostro è un consumatore molto amante delle marche e per fortuna: il ruolo del marketing è quello di innovare e affinare le migliori strategie di comunicazione e quindi di ingaggio con i consumatori. Il ruolo delle vendite è di eseguire al meglio queste strategie, tenendo conto del ruolo che i nostri retail partner hanno nel nostro portafoglio
La richiesta del consumatore su quali valori insiste?
Sicuramente il consumatore è molto più sensibile, rispetto a 10 anni fa, alla sostenibilità in varie direzioni, sia nel pack, sia nelle formule, che per esempio devono permettere di risparmiare elettricità con cicli brevi e a temperature inferiori. Negli ultimi anni tanto nei detersivi, quanto negli ammorbidenti, è “esploso” il segmento dei concentrati e da un anno le caps hanno superato tanto i liquidi quanto le polveri. Come Henkel stiamo facendo molti progressi, tra cui l’approvvigionamento da fonti di materie prime e di energie rinnovabili; la quasi totalità dei pack è pienamente riciclabile e abbiamo l’obiettivo di realizzare prodotti con il 30% di plastica riciclata entro pochi anni. Credo che l’industria, in questo momento, non debba assolutamente fare compromessi al ribasso su questo terreno, pur di recuperare, maldestramente, redditività: la nostra bravura dev’essere mantenere questa tendenza e trovare il giusto equilibrio fra costi interni e value proposition al consumatore.
Per concludere, avete in mente categorie nuove, che volete inserire o di cui sentite la mancanza?
Quest’anno abbiamo rinnovato i detersivi Dixan (liquidi, polveri e caps) con una formula che protegge la parte in gomma della lavatrice dopo un alto numero di lavaggi, o prodotti che lavorano bene a cicli più freddi. Ma, ancor prima di espanderci su nuovi mercati ed esplorare altre categorie, il nuovo Ceo ci domanda di rendere più sostenibile, nel medio periodo, il portafoglio che già abbiamo, con una chiara e allineata scala di priorità tra i vari brand. Riteniamo che il focus su innovazione, comunicazione e attivazione dei diversi touchpoint con il consumatore e con lo shopper nei punti vendita sia la nostra strada maestra per crescere con i nostri partner commerciali.