Del vaccino Covid si parla di continuo, fino all’esaurimento, eppure l’argomento accende sempre nuove arrabbiature, liti e scontri feroci. Insomma, è uno scoop perenne e garantito.

Chi avanza semplici dubbi e preoccupazioni è censurato, è il nemico comune, figura, peraltro, indispensabile, come sosteneva Umberto Eco, per cementare ogni collettività impaurita, o allo sbando. E il nemico, si sa, è cattivo e dunque si può bellamente e giustamente tacciarlo di essere uno spregiatore della vita e della salute altrui, l’adepto di una modernissima colonna infame.

Di questo atteggiamento, di grave ostilità, si potrebbero dare molte spiegazioni, psicologiche, sociologiche, economiche, ma il fatto peggiore è che, quando si tratta della dose o delle dosi, prossimamente tre per alcune categorie, il diritto di parola e, dunque, la democrazia, vengono calpestati, fino ad arrivare a dire – gli esempi di illustri uscite non mancano - che chi non si è vaccinato e si ammala deve pagarsi le cure mediche… dopo una vita di tasse.

Tuttavia, come si diceva a inizio Covid, la buona notizia è che “andrà tutto bene”, visto che l’80% degli italiani è favorevole al vaccino, come dimostrano i ricorrenti sondaggi, ma questo non significa che il restante 20% non abbia diritto di dubbio, o che sia un no vax, anche perché pare che questi ‘irriducibili’, ghetto nel ghetto, siano una residua minoranza, pari al 3 per cento della nostra popolazione.

Secondo la rilevazione Monitor Italia, condotta il 10 settembre da Tecné e Agenzia Dire, il 66% per cento dei nostri connazionali vorrebbe addirittura il vaccino obbligatorio, il quale, forse, sarebbe più onorevole per molti nostri onorevoli, ma, e qui sta il punto dolente, lo vorrebbe solo se lo Stato fosse disposto a risarcire gli eventuali danni più avversi.

Insomma, l’argomento è incandescente, ma è anche un immenso guazzabuglio in cui ciascuno agisce, per carità in buona fede – ma con quale diritto? -, nel modo che reputa più responsabile.

Per questo si parla, in modo ricorrente, di varie aziende italiane che pensano di imporre almeno il Green Pass ai propri lavoratori. Confidustria concorda, e poi c’è il modello di numerosi big americani, che esigono ormai il vaccino: Google, Facebook, Morgan Stanley e altri.

Anche la Gdo ci sta arrivando. Ha fatto molto scalpore Francesco Pugliese, amministratore delegato di Conad, che il 6 settembre, durante ‘Quarta repubblica’, la trasmissione condotta, su Rete 4, da Nicola Porro, ha affermato: “Sono favorevole al Green Pass. Se io ho fatto due dosi di vaccino, perché poi devo rischiare di contagiarmi andando al ristorante o al supermercato? I dipendenti che non vogliono vaccinarsi andranno in aspettativa non retribuita”.

Glissando sul fatto che, con un vaccino sicuro, non ci si dovrebbe contagiare tanto facilmente, ma questa è un’altra questione, le parole del top manager hanno scatenato un putiferio, specie sui social, dove si sono creati due partiti opposti, e dove lo slogan Conad è stato subito trasformato, dai soliti buontemponi, in ‘Persone oltre la dose’, ma hanno anche fatto proseliti, creando un vero endorsment, o catalizzando altre opinioni consimili.

Il giorno successivo, 7 settembre, Fida-Confcommercio ha diramato questa nota, firmata dalla presidente, Donatella Prampolini: “Mettere in sicurezza i lavoratori significa anche contemplare l’obbligo di vaccino o green pass. Per questo riteniamo indispensabile prevedere tali vincoli per tutto il personale che lavora nei supermercati e nei negozi alimentari di prossimità. Siamo stati i primi a evidenziare questa esigenza, già prima dell’estate anche perché – non va dimenticato – stiamo parlando di lavoratori che svolgono attività essenziali e che sono quotidianamente a contatto con moltissime persone. Quanto ai tamponi, anche noi siamo d’accordo sul fatto che i relativi costi non siano a carico delle imprese e ci aspettiamo una presa di coscienza da parte del Governo su questo tema”.

Molti altri dirigenti, sempre ai massimi livelli, si sono accodati, come Marco Pedroni, presidente di Coop Italia e di Ancc Coop, che ha insistito, meno specificamente, sull’obbligo vaccinale per tutti coloro che lavorano con il pubblico, o come Giorgio Santambrogio, amministratore delegato di Gruppo Vegé e Vicepresidente vicario di Federdistribuzione, che ha sottolineato come la misura rientri nei doveri della Gdo, che, in quanto primaria funzione sociale, è moralmente tenuta a essere responsabile verso i clienti.

Dunque, se da lunedì 13 scatta, per gli insegnanti non vaccinati – sono ben 185.000 -, il personale scolastico, gli studenti universitari, ma anche per i genitori che devono entrare a scuola, l’obbligo del certificato verde, misura piuttosto debole visto che il legislatore si accontenta della prima dose, altre categorie promettono di volere, o dovere per decreto, fare sul serio. Fra questi il personale delle Rsa e, con prossimo provvedimento, ristoratori, addetti agli spettacoli, istruttori sportivi....

I vaccinandi si terranno le proprie preoccupazioni, pur di salvare il posto di lavoro. Tanto, secondo molti costituzionalisti, l’obbligo non è affatto anticostituzionale: la Carta prevede infatti, all’articolo 32, sia la tutela della salute, sia la tutela dell’interesse sanitario collettivo, in cui rientra a pieno diritto, affermano i giuristi, anche l’obbligo vaccinale.