di Luca Salomone

Gs1 Italy, che ha appena completato la dodicesima edizione dell’Osservatorio Immagino (leggi altro articolo di Distribuzione moderna) porta a termine un altro lavoro fondamentale, di 176 pagine, la ricerca Stato dell’arte dell’economia circolare nel largo consumo italiano, condotta, in ambito Ecr, in collaborazione l’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

Alimentare al top

Scopo dell’analisi, come dice il titolo, è misurare le performance della sostenibilità di tutto il comparto, sia quelle generali, sia quelle relative a ogni fase del ciclo di vita dei prodotti. Hanno preso parte 23 aziende. Il food and beverage schiera Auricchio, Barilla, Bauli, Ferrero, Marchesi Antinori, Mondelez Italia, Nestlé italiana, Parmalat e Prealpi.

È stato utilizzato lo strumento operativo Circol-UP, messo a punto dallo stesso GS1 Italy e strutturato come una lista in grado di porre fino a 60 domande chiave.

Emerge, per chi ama le classifiche, che l’alimentare è il settore con il maggior livello medio di circolarità fra i tre rilevati, con un indice del 61% contro il 53% generale, e quello che presenta le performance medie migliori in cinque delle sei fasi della circolarità, risultando al secondo posto (dietro il retail) solo nella distribuzione e gestione dei rifiuti. Seguono il cura casa e persona, con una media del 48 per cento e il retail – 10 gruppi sotto la lente -, posizionato al 45 per cento.

“Si tratta complessivamente – avverte Gs1 – di risultati molto significativi e che permettono di affermare che, complessivamente, un percorso strutturato di circolarità è già stato intrapreso e che le aziende lo stanno portando avanti, nel pieno rispetto di una visione che integra competitività economica con rispetto ambientale”.

Prevenire è meglio

Analizzando le sei fasi del ciclo di vita (approvvigionamento, design, produzione, consumo/utilizzo, distribuzione e gestione dei rifiuti) si registrano positivi riscontri a livello preventivo, cioè a partire dal ripensamento dei prodotti e processi e, di conseguenza, anche del business nella sua interezza.

Ne sono un esempio imprese come Ferrero, che ha avviato il progetto Nutella Loop, il quale si basa sul riutilizzo del barattolo di Nutella per consentire al consumatore, una volta terminato il prodotto, di restituire ai punti vendita la confezione vuota, che sarà poi sanitizzata, nuovamente riempita e rimessa in vendita.

Parmalat, dal canto suo, confeziona il proprio latte in bottiglie realizzate al 50% con materiale (Pet) post-consumo, proveniente dalla raccolta differenziata, abbattendo, di quasi 1.700 tonnellate, le emissioni di CO2 generate nell’arco di un anno.

Sutter, ormai da parecchio tempo, ha intrapreso iniziative nell’ambito della progettazione circolare dei propri imballaggi: riduzione del consumo di materie prime, utilizzo di plastica riciclata nel pack primario, progettazione di confezioni che evitano gli sprechi da parte del consumatore.

Altri esempi virtuosi si notano nella fase di distribuzione e gestione dei rifiuti. Per esempio, Bauli, attraverso la soluzione GreenRouter, monitora l’impatto climatico derivante dai trasporti della logistica in uscita, predilige soluzioni maggiormente sostenibili, come l’intermodale, via mare o su rotaia, l’uso di veicoli a minor impatto ambientale (euro 5, euro 6, o con alimentazione Lng, ossia gas naturale liquefatto), e riduce la numerica di viaggi a vuoto in arrivo e in partenza dai propri stabilimenti.

“Su questo punto – si legge - è da segnalare è l’esperienza di Esselunga sia presso i punti vendita, sia presso i Cedi: i suoi tre centri logistici (Limito di Pioltello, Milano, Biandrate, Novara, e Firenze, che saranno affiancati da Ospitaletto nel bresciano, ndr) sono infatti riconosciuti come centri di recupero dei rifiuti con autorizzazione R13 (stoccaggio) e, dunque, con un’evidente ottimizzazione dei flussi di riciclo. Nella piattaforma di Biandrate viene trattato anche il polistirolo. Presso i negozi la catena ha inoltre attivato l’iniziativa ‘bottle to bottle’, per la raccolta, da parte del consumatore, di bottiglie in Pet con il fine di inviarle a riciclo”.

Dalla produzione alla logistica

Fase produttiva: qui si distingue Gennaro Auricchio, impegnata nel rendere i propri processi produttivi più sostenibili e circolari attraverso molteplici investimenti in ambito di efficienza idrica e nella riduzione dei consumi, tramite meccanismi di riutilizzo delle acque reflue.

Mondelez Italia, dal canto suo, ha aderito al programma di Manufacturing integrated lean 6 Sigma (Il6s) della casa madre, il quale ha permesso di garantire un utilizzo efficiente delle materie prime (per esempio tramite sistemi di dosaggio automatico) e una forte riduzione degli sprechi sia di prodotto, sia di processo, per esempio a livello di energia e acqua.

E potremmo continuare a lungo, visto che i casi sono molti e non è possibile menzionarli tutti. Citiamo, però, ancora D.it-Distribuzione italiana, che ha iniziato a sviluppare diverse attività, tra cui un programma di azioni per la selezione e la valutazione dei fornitori di prodotti a marchio in merito alla loro sostenibilità e circolarità. E citiamo Conad, che ha investito sulla propria logistica in ingresso, costituendo la controllata Conad Logistics, una realtà che internalizza il trasporto dei prodotti dai fornitori verso i Cedi, centralizzando il flusso di approvvigionamento e in questo modo ottenendo svariati benefici, sia organizzativo-economici sia di natura ambientale.

C’è poi Gruppo Nestlé, che ha dato vita, fra le molte azioni sostenibili, alla piattaforma ‘Dove lo butto?', un aiuto concreto a tutti i cittadini, che devono districare una raccolta differenziata che purtroppo rimane, spesso, un bel rebus.

Ostacoli di filiera

In un panorama decisamente positivo, resta, inutile dirlo, ancora parecchia strada da fare. Lo studio indica le molte vie da percorrere.

Anche qui valga una considerazione, comunque davvero importante: “Ci sono alcune azioni – si legge - che risultano scarsamente adottate da parte delle aziende in quanto necessitano di un supporto di altri attori del sistema (come pubbliche amministrazioni, altre imprese della filiera, operatori del riciclo ecc.) per un’efficiente implementazione. La difficoltà suggerisce la presenza, all’interno del comparto del largo consumo, di barriere di sistema che richiedono una collaborazione fra molteplici categorie di attori ai fini del loro superamento. In particolare, si è notato, come, per tutti e tre i settori analizzati le aziende facciano scarso ricorso a soluzioni di trasporto intermodale e a forme di ritiro dei prodotti (take-back system) che permettano all’azienda stessa di tornare in possesso di prodotti e/o imballaggi dopo che questi sono stati utilizzati dai consumatori”.

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