di Luca Salomone

Tutti parlano di digitalizzazione, ma la strada è ancora accidentata, almeno se si guarda all’aspetto dell’organizzazione dei dati cliente. E dire che buona parte dei retailer ha già varato iniziative per migliorare la conoscenza dei consumatori e costruire un’offerta integrata online/offline.

Lo afferma un rapporto realizzato, in collaborazione con il Politecnico di Milano, da Minsait (gruppo Indra), multinazionale spagnola attiva nella consulenza in materia di trasformazione digitale e tecnologia informativa.

Una vista appannata

Nonostante la conoscenza profonda dei consumatori sia cruciale, solo il 19% del commercio al dettaglio ha raggiunto la cosiddetta vista unica sul cliente, o ‘single customer view’.

Il 62%, però, ha iniziato a costruire questa, preziosissima, base culturale, ma solo con una porzione dei dati disponibili. Il 13% non ha ancora cominciato a perseguire una vera fusione di notizie e fonti, ma ci sta lavorando, mentre il restante 6% è rimasto fermo.

Inoltre, circa un’impresa su tre (su una base totale di 602 realtà italiane intervistate, fra industria, commercio, servizi e istituzioni) non possiede un livello adeguato di integrazione dei dati clienti, in quanto le informazioni sono gestite su file Excel (8%), oppure sparse all’interno di diverse basi dati.

Il 66% dei soggetti, però, ha dato il via a un percorso di collazione e organizzazione in singole banche dati, o database comunicanti (come Crm e Datawarehouse), ma è pari al 2% del campione retail la quota di chi ha integrato completamente il tutto, impiegando un’infrastruttura tecnologica evoluta.

Tra i principali canali utilizzati per la raccolta si collocano, al primo posto, i marketplace (23%), seguiti dai partner commerciali o di filiera (20%), dagli intermediari, come grossisti o distributori (20%) e dai compratori online (16%). Ma solo un intervistato su cinque utilizza anche fonti esterne.

Si tratta di una contradizione abbastanza palese, visto il crescente successo dell’e-commerce, il dominio e la concorrenza di alcuni pure player e le nuove abitudini dei consumatori post Covid.

Cross canalità cercasi

Eppure, secondo Minsait, i modelli di integrazione omnicanale più diffusi tra le aziende retail sono già parecchi: possibilità di verificare online la disponibilità dei prodotti all’interno dei negozi fisici (70% del campione); servizio di consegna a domicilio degli acquisti effettuati in punto vendita (70%); servizio di ritiro in negozio degli acquisti effettuati in digitale (54%); possibilità di effettuare le spese online anche in store (52%).

Meno diffuso il reso cross-canale (23%), che, però, è anche un versante sul quale il commercio al dettaglio sta ponendo attenzione (l’11% sta lavorando all’implementazione).

Inoltre, i retailer stanno riflettendo sull’importanza della tecnologia digitale per automatizzare i processi e semplificare l’esperienza del cliente e comprendendo che i sistemi di geolocalizzazione e i locker automatici possono migliorare, e molto, il servizio di clicca e ritira.

Positivo è, poi, che il settore distributivo si stia concentrando su interventi infrastrutturali e sulla ‘data strategy’ per utilizzare in modo centralizzato, e integrato, i dati raccolti.

Insomma, se la via è ancora lunga, le imprese stanno trasformando i propri processi per abilitare i modelli omnicanale attraverso la gestione collaborativa di stock, ordini e strutture di evasione degli stessi (magazzini, punti di vendita e via dicendo).

Verso un nuovo equilibrio

Le principali tecnologie già attive in negozio riguardano le soluzioni per ampliare l’assortimento, consultando attraverso appositi dispositivi l’intero catalogo di prodotti disponibile online e offline (65% del campione) e i sistemi di automazione della forza vendita, che permettono al personale di approfondire la conoscenza del cliente in tutti i canali e di garantire, per conseguenza, una vera personalizzazione dell’offerta (49%).

Per creare un nuovo equilibrio è necessario un cambio di paradigma a livello di organizzazione aziendale. Secondo il rapporto, infatti, il 48% dei retailer gestisce ancora in maniere indipendente ciascun canale, mentre il 16%, pur avendo una gestione “a silos”, dichiara di aver instaurato meccanismi di coordinamento. Il 21% ha introdotto un responsabile cross-funzionale con una squadra manageriale dedicata, mentre l’8% ha realizzato una funzione aziendale completamente autonoma per la gestione integrata dei differenti touchpoint.

«Il processo delle aziende del settore retail verso la creazione di una nuova relazione con i clienti, che faccia convergere l’esperienza online e quella offline, è già in atto, ma bisogna fare di più – ribadisce Sergio Scornavacca, direttore del mercato industry & consumer di Minsait Italia -. È fondamentale che il retail riesca a riconoscere i clienti indipendentemente dal punto di contatto utilizzato, attraverso processi di raccolta migliorati e grazie a una maggiore collaborazione delle unità di business».

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