Il discorso, lunedì 12 luglio, del presidente francese, Emmanuel Macron è stato molto chiaro: tampone o test sierologico non più vecchio di due giorni, o, meglio ancora, certificato vaccinale per avere, fra l'altro, diritto di accesso alle strutture culturali, sociali, ma anche ai ristoranti e agli aggregati commerciali.

E con l’inizio del mese di agosto gli 836 shopping center di Francia saranno soggetti alla nuova misura, diretta a contenere una possibile e nuova diffusione del Covid, a sua volta legata alla Variante Delta.

Il Consiglio nazionale dei centri commerciali francese, pure favorevolissimo alla vaccinazione di massa, ha già chiesto una proroga a settembre, sia perché il sistema degli shopping center aveva appena imboccato la via della risalita, anche grazie alla partenza dei saldi, con un trend del +7% rispetto allo scorso anno, sia perché si attendono misure attuative: chi deve fare i controlli, nella misura sono compresi anche i dettaglianti di beni essenziali (farmacia, edicola, tabacchi, alimentari) e, se non lo sono, chi garantisce che un cliente non in regola, ossia senza il cosiddetto ‘green pass’ (telematico) non frequenti poi anche i negozi della galleria? E in questo caso chi pagherebbe eventuali sanzioni? E poi, continua il Cncc, perché solo gli shopping center e non anche il resto della distribuzione?

Il discorso di Macron sta condizionando tutta l’Europa, Italia compresa, dove politici, virologi e immunologi, parlano, sempre più insistentemente, di adottare il pass.

Particolarmente preoccupata Fipe, Federazione italiana pubblici esercizi, aderente a Confcommercio, visto che pare che il Ministro della Sanità, Roberto Speranza, abbia intenzione di pronunciarsi entro 7 giorni.

Ha commentato il direttore generale, Roberto Calugi: “La campagna vaccinale va sostenuta, incoraggiata e, possibilmente, velocizzata. Questa è la nostra migliore arma per un ritorno alla stabilità delle nostre vite. Quello che tuttavia non è accettabile è che, per raggiungere l’immunità di gregge, si finisca per penalizzare sempre le solite categorie. I pubblici esercizi hanno pagato più di ogni altro settore nei 16 mesi della pandemia, sia in termini di perdita di fatturati che in termini di posti di lavoro.

"Andare ancora una volta a pesare sulle nostre attività - ha proseguito Calugi - significa compromettere la ripartenza e allontanare le migliaia di professionisti che stavano tornando pian piano ad avere fiducia e a mettere le loro competenze a disposizione dei locali. Se proprio si vuole percorre questa strada, che il vincolo del vaccino valga per ogni tipo di attività, dal teatro, alla palestra, al supermercato, a ogni altro luogo. Altrimenti è discriminatorio. Se, invece, l’obiettivo è sensibilizzare i giovani sull’importanza delle vaccinazioni, facciamolo insieme. Come Fipe-Confcommercio siamo disposti a collaborare con il governo per una campagna di comunicazione capillare a ogni tavolo e a ogni bancone. Ma basta provvedimenti punitivi sempre contro i soliti settori”.