Durante la pandemia Rinascente è stata costantemente all’opera, portando avanti il suo ambizioso piano di ristrutturazione e rinnovo, in corso da tempo. A raccontarlo a Distribuzione moderna è l’Amministratore delegato, Pierluigi Cocchini. È un’eccezionale testimonianza di come un piano industriale, forte, con obiettivi chiari e una solida struttura aziendale alle spalle, sia in grado di superare ogni ostacolo.

Come nasce il vostro progetto?

Parte nel 2005, quando ci fu lo spin off di Rinascente da Gruppo Auchan. In quel momento ci ritrovammo con una ventina di negozi che presentavano location eterogenee e che, per questo, finivano per generare confusione sul nostro posizionamento. Eravamo, sì, nei centri storici, ma anche, in vari casi, in collocazioni per noi non ottimali. Da allora quello che abbiamo fatto, e che stiamo facendo, è di avere solo insediamenti, in tutto 9, in posizioni chiave e in centri urbani molto significativi.

Più in dettaglio?

Più in dettaglio parliamo di Rinascente di Roma Via del Tritone, inaugurata ex novo, su 17.500 mq, a ottobre 2017, alle opere svolte sui department store di Palermo (4.700 mq), Firenze (4.000 mq) e Torino (7.500 mq) per arrivare al negozio di Roma Piazza Fiume che, con un investimento di 37 milioni di euro, sarà completato, nei suoi 8 piani, entro agosto 2023. Ma tutto, naturalmente, è partito dal nostro flagship più importante, quello di Milano Piazza Duomo. Insomma, un grande progetto, con grandi investimenti, condotto nei punti vendita piano per piano e senza mai chiudere. A questi negozi - ormai completati, a parte, come le dicevo, quello di Piazza Fiume - si aggiungeranno le opere su Monza, Cagliari e Catania.

Qual è il filo conduttore?

Il territorio. Mi spiego: noi siamo parte dei contesti urbani e dunque vogliamo caratterizzare fortemente ogni negozio anche a seconda della città in cui si trova. Questa stessa diversità si riflette in architetture che cambiano, sia per via dei differenti palazzi che ci ospitano, sia per una progettazione degli interni che varia costantemente, per dare sempre qualcosa di nuovo, di differente, di unico. A Roma Via del Tritone, per esempio, abbiamo collegato fra loro quattro edifici storici, contribuito alla ristrutturazione dell'acquedotto e al recupero del cavedio. Dunque, il negozio ha già, di per sé, una sua forte coerenza con l'enorme patrimonio storico e artistico della Capitale. A Milano, per quanto si tratti di un punto di vendita storico, l'impronta è molto più orientata alla modernità e al pragmatismo, come se riflettesse lo spirito della città. Rinascente di Firenze, invece, vuole rispecchiare la grande tradizione artigiana della città.

Il tutto per un investimento…

Roma Via del Tritone ha comportato un impegno finanziario di 250 milioni, mentre altri 80 sono stati stanziati per Milano Duomo. Le opere di Torino sono quantificabili in circa 60 milioni, per Firenze in 20 e per Roma Fiume, come detto, intorno ai 40. Sommando tutte le realizzazioni arriviamo a 500 milioni di euro, rispetto a un fatturato che, alla fine del 2019, aveva raggiunto 800 milioni di euro.

È vero che Milano Duomo incide per la metà su questa cifra?

Assolutamente sì, anche perché è un negozio di 22.000 mq rispetto a una superficie commerciale totale di circa 60.000. Il negozio di Duomo, con la sua eccezionale location, è un caso mondiale, visto che ha una redditività di 22.000 euro al metro quadrato, un passaggio esterno, nell’area del portico, di 30 milioni di persone ogni 12 mesi, 10 milioni di ingressi annui e 3.000 marchi partner. L'attenzione dei brand verso il punto vendita è quasi spasmodica, visto che qui molti hanno il proprio flagship.

Negli anni avete sviluppato anche un’importante strategia sull’alimentare. Parliamone…

Per noi la divisione food è diventata sempre più importante: sia a Duomo che in via del Tritone l’alimentare è collocato all'ultimo piano, come se fosse un magnete che spinge il pubblico a visitare tutti gli altri livelli. Siamo stati i primi del settore a concepire e gestire un’area alimentare e, a Milano, un market gourmet in un department store. La food hall di Milano lavora tutto il giorno, dalle 9 alle 24, e non è inconsueto per i visitatori, specie se turisti esteri, consumare un pasto completo alle cinque del pomeriggio. Ma anche negli altri contesti urbani l'area alimentare costituisce sempre un’importante motivo di attrazione. I fornitori e i ristoratori sono scelti in base a un criterio di ricercatezza, teso a privilegiare i partner i base alla qualità e all’artigianalità della proposta, dunque a prescindere da fattori come le dimensioni e la notorietà.

E sul versante dell’intrattenimento?

A più riprese Rinascente è diventata il set di film e serie televisive, nonché il luogo in cui i brand decidono di organizzare eventi e lanci esclusivi, accompagnati da personaggi famosi. Per esempio, Dolce e Gabbana, in alcune occasioni, hanno fatto sfilare modelli e modelle nel negozio di Duomo, dove abbiamo ospitato anche il lancio della scuderia di Formula 1 AlphaTauri. Soprattutto il punto vendita di Milano, per la sua forte visibilità, diventa il palcoscenico di avvenimenti che non sono strettamente legati al mondo della moda.

Quanto incide la presenza turistica?

Dipende dal negozio. Se parliamo dei flagship di Milano e Roma Tritone, o di Rinascente Firenze, i visitatori esteri rappresentano un terzo degli ingressi, mentre a Roma Fiume, che pure è centrale, la percentuale scende fino al 7-8 per cento. Il venire meno di questa componente, per oltre un anno, a causa del Covid, ha contribuito, insieme ai vari lockdown, a determinare un anno difficilissimo.

Quanto difficile?

Rinascente Duomo, solo con la perdita dei turisti e anche non considerando tutti gli italiani che vengono in visita a Milano, fermati dalle restrizioni alla circolazione interregionale, ha perso il 30% dell’incasso, dunque circa 150 milioni di euro. In generale i ricavi del gruppo hanno lasciato sul terreno qualcosa come il 40 per cento.

Come avete reagito?

Ci siamo concentrati il più possibile sulla popolazione locale e sulla rassicurazione dei nostri visitatori. Superfluo dire che tutti i protocolli di sicurezza sono stati applicati rigorosamente fin dall’inizio, cioè a partire dalla riapertura, a maggio 2020. Questa grande attenzione ci è stata riconosciuta anche dal pubblico, che ha continuato a frequentarci senza particolari remore.

Anche Rinascente ha giocato la carta dell’e-commerce?

Per noi il discorso è diverso. I nostri sono soprattutto negozi da vivere, luoghi di svago, di distrazione, di sorpresa. Dunque, l’online è un po’ la nostra antitesi e, fino a quattro anni, fa ci siamo astenuti. Poi, quasi per gioco, abbiamo cominciato a sperimentare, aprendo un servizio on demand destinato soprattutto a chi non poteva recarsi da noi, per motivi di distanza geografica. Abbiamo utilizzato mezzi non convenzionali per l’online, o comunque non massivi, come e-mail, sms, WhatsApp, ordini telefonici. In seguito, siamo entrati sulla piattaforma cinese WeChat, per scoprire, che, sommando tutte le azioni, avevamo messo insieme un tesoretto di 10 milioni di euro. Dunque, a giugno 2020, nell'ambito della nuova strategia omnicanale del gruppo, abbiamo aperto il nostro sito di e-commerce, che frutta altri 10 milioni e che, se vuole, è oggi un altro cantiere aperto, sul quale, a questo punto, sta lavorando un team dedicato. Per ora mancano vari elementi, per esempio, le consegne all’estero: ma siamo all’opera…

Insomma, davvero il vostro lavoro non si è mai fermato?

Si dice che chi si ferma è perduto e visto che gli investimenti si fanno per il futuro siamo riusciti a convincere la proprietà ad andare avanti. Anche noi abbiamo dovuto fare ricorso ad aiuti, per esempio presso il sistema bancario, visto che i flussi di cassa non bastavano più a sostenere un piano di ristrutturazioni lungo e ambizioso. E siamo anche riusciti a contenere, nel limite del possibile, le ricadute sul personale. Partivamo già da una situazione di vantaggio, con organici snelli. Certo qualche provvedimento è stato necessario, ma, grazie alla cassa integrazione, il danno è stato contenuto e le Istituzioni hanno dato una buona risposta. Sinceramente posso dire che, considerando le proporzioni del colpo, abbiamo fatto del nostro meglio.

Come è stato il rapporto con le proprietà immobiliari?

Abbiamo negoziato e senza gravi tensioni, sempre considerando che, anche i landlord, sono imprese e dunque devono salvaguardare il fatturato. Ma in sostanza a fronte dei nostri oltre 100 giorni di chiusura la controparte si è dimostrata disponibile e ragionevole, tanto più che Rinascente aveva già, con i proprietari immobiliari un rapporto storico e per niente problematico.

Nuovi marchi partner: cosa possiamo dire?

Potremmo dire molte cose, visto che c’è sempre molta competizione per entrare nel parterre di Rinascente. Ma sono particolarmente soddisfatto dei nostri ‘beauty bar’. Si tratta di aree nuove che ospitano marchi di cosmesi e bellezza altrettanto nuovi, italiani ed esteri, e che incontrano soprattutto il gusto dei clienti più giovani. Oltre alla vendita sono corredati di zone dedicate alla cura e ai trattamenti, dai capelli alle unghie. Siamo partiti da Milano e Torino e ora stiamo replicando a Firenze e, entro la fine del 2022, svilupperemo questa novità a Roma Tritone e Roma Fiume. Stiamo lavorando con piccole o piccolissime aziende eccellenti, che ci stanno dando la possibilità di fare molte prove accomunate da criteri come sostenibilità, naturalità degli ingredienti, etica, ossia esclusione dei test sugli animali. Insomma, in Rinascente non perderemo mai il gusto di provare, evolvere, tentare strade nuove.