di Luca Salomone

Morato ad alta crescita: le acquisizioni, solo negli ultimi cinque anni, sono state circa una decina, fra stabilimenti produttivi e intere aziende in Italia, Francia e Spagna. E Stefano Maza, amministratore delegato del gruppo vicentino conferma la volontà di continuare la strategia di sviluppo

Cosa vuol dire oggi Morato?

Oggi vuol dire, considerando le ultime acquisizioni, quasi 400 milioni di euro di fatturato consolidato. Ci sono probabilmente operazioni in cantiere delle quali al momento non posso parlare… Noi vogliamo continuare a investire in azienda, nello sviluppo delle nostre aziende e sulla qualità dei nostri prodotti.

Meglio l’Italia o meglio l’estero?

Meglio entrambe. Se infatti l’Italia resterà centrale, alla metà del 2023 il nostro fatturato oltre confine, oggi al 45%, salirà sopra il 50 per cento. Nel 2018 l’incidenza dell’estero era del 9 per cento. Il nostro obiettivo è duplice: salire in Patria e svilupparci al di fuori di essa.

Le vostre acquisizioni fanno notizia. Però citiamone lo stesso alcune…

Da noi sono state pietre miliari l’operazione sul marchio Roberto (2020) e lo sviluppo nel senza glutine, l’estate scorsa attraverso l’acquisto di Nt Food-Nutrifree e, prima ancora l’acquisto, da gruppo Granarolo, di Pandea. Importante anche l’operazione di acquisizione di Ro.Mar, che ci ha permesso di consolidare ulteriormente la nostra presenza sul mercato domestico. Infine, in questi giorni, stiamo completando l’acquisizione della maggioranza de La Spiga Food, azienda pioniera nel portare la vera pinsa romana cotta in forno a legna nella grande distribuzione, in Italia e all’estero.

Tornando oltre confine quali sono i vostri mercati chiave?

Decisamente la Spagna, dove fra il 2020 e il 2021 abbiamo acquisito due stabilimenti produttivi da Cerealto-Siro, e la Francia, dove, da pochissimo tempo, abbiamo rilevato, da Barilla France, il 100% di Harrys restauration, società che, a sua volta, possiede lo stabilimento di Gauchy (dipartimento dell’Aisne, ndr) il quale produce panini per hamburger. Inoltre, siamo presenti negli altri mercati europei, in particolare in Gran Bretagna, Germania, e nell’est Europa.

Altre nazioni?

Fuori dall’Europa, nostro core business, ci piacerebbe entrare diversamente in Nord America, e dico diversamente perché vogliamo avere, anche qui, una presenza diretta. Altri mercati, ad alta crescita, come i Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica, ndr) ci interessano e siamo già attivi, ma in una logica di puro export. E questo perché, comunque, le risorse finanziarie, sono da allocare con attenzione, senza fretta. Al di là di tutto, certamente, il prodotto deve sempre essere centrale, sia in termini di forze imprenditoriali e lavorative, che finanziarie: da qui, dunque, una logica di investimenti di natura industriale e tecnologica, guidati sempre dalla ricerca dell’innovazione.

Presidio, insomma…

Certo: in un tempo relativamente breve, meno di 5 anni, siamo passati da una logica di puro export, alla presenza diretta e il fatturato, nello stesso periodo, è lievitato. Avere siti produttivi sul territorio è un grande punto di forza per l’azienda, un vero upgrade, sia per il valore generato, sia perché offre ulteriori opportunità commerciali e distributive. Se in Spagna abbiamo già due stabilimenti, e uno in Francia, a breve avremo altri 3 siti esteri. In Italia la nostra forza, oltre alla specializzazione nel pane, nei sostitutivi e nei panificati in genere, è proprio il fatto di avere 13 stabilimenti, di cui 5 dedicati al senza glutine, dunque totalmente separati rispetto agli altri, il che è una garanzia di specializzazione nella specializzazione. Le nostre 56 linee produttive sono ben distribuite sui nostri mercati di riferimento e ci permettono di rispondere in tempi rapidi e con efficienza a ogni bisogno del consumatore e dei nostri partner.

Le Mdd le fanno paura?

Tutt’altro. Anzi circa il 40 per cento del nostro giro d’affari deriva proprio dai marchi della Gdo, di cui siamo partner affidabili e di lunga data.

Innovazioni?

L’innovazione è il valore cardine del gruppo e il nostro obiettivo è offrire sempre qualcosa di nuovo in un settore che, di per sé, è molto tradizionale, come quello del pane. Diverse sono le innovazioni di prodotto alle quali il pane si presta, per esempio in ambito benessere, dal gluten free in generale, per arrivare ai prodotti pensati con un approccio orientato al consumatore, in funzione dei bisogni e di occasioni d’uso in continua evoluzione. Rilevanti sono, poi, alcuni segmenti in forte crescita, come i tramezzini, le piadine e i sandwich, in cui stiamo investendo e lanciando nuove referenze. Ma non bisogna dimenticarsi curare i prodotti più tradizionali e consolidati sul mercato, sia perché generalmente rappresentano la fetta più consistente del mercato, sia perché, in momenti come questo, con la minaccia dell’inflazione, il consumatore tende a fare scelte che mettono al centro il rapporto qualità-prezzo.

Oltre alla moderna distribuzione, quali sono i canali più promettenti?

Il food service rappresenta circa il 15 per cento del nostro fatturato attuale. È aggiunto purtroppo, perché le opportunità non mancano sia in Italia, sia all’estero, quando si parla di pane & Co. Per questo abbiamo creato una struttura dedicata al canale, per fare le cose al meglio, con prodotti studiati per la ristorazione e molti servizi. Stiamo lavorando molto sulla gamma dei secchi in formati monoporzione, come i grissini Torinesi, che sono anche un ottimo veicolo per fare conoscere il brand anche fuori dalla Gdo. L’Horeca è un settore strategico in cui, gradualmente e per obiettivi, intendiamo crescere.