Mercato Centrale apre a Milano, Mercato Centrale ha riaperto a Firenze, Torino e per ultimo a Roma … Queste le ultime notizie sulla creatura dell’imprenditore Umberto Montano, che, a partire dal 2014, ha guidato e vissuto in prima persona la realizzazione di 5 grandi insediamenti, di forte successo, distribuiti nelle maggiori città italiane: Firenze, Roma, Torino e, ora, il capoluogo lombardo. Il tutto ristrutturando anche edifici storici e di pregio (dal Palafuksas torinese a una parte dello storico mercato San Lorenzo della capitale toscana) e dando vita a luoghi dove gustare il meglio dell’artigianato italiano, passeggiare, assistere a un vasto carnet di spettacoli, incontrare amici vecchi e nuovi, in una parola socializzare… Un progetto importante e unico, sul quale si è abbattuto il Covid. Con quali conseguenze? Ne abbiamo parlato con lo stesso fondatore e presidente, senza dimenticare di aprire una finestra sul futuro.

Mercato Centrale è un gruppo interamente basato sulla ristorazione e la dimensione sociale. Quali misure avete preso per resistere alla pandemia?

La prima regola per resistere è essere coerenti e disciplinati. Noi siamo stati i primi a chiudere, perché assolutamente convinti che spazi come i nostri potessero contribuire alla diffusione della pandemia, specie nei momenti iniziali, quando scarseggiava il controllo e il vaccino era ancora solo una speranza. Abbiamo adottato il principio di dare il meglio ai nostri frequentatori. Impossibile pensare a Mercato Centrale come spazio di aggregazione, per poi violare le regole dello stare insieme, o attraverso l’eccesso di restrizioni, o mettendo tutti in pericolo. Non si poteva fare altro che chiudere seriamente, per riaprire solo quando ci sarebbero stati gli strumenti e i presupposti per farlo.

Durante un anno avete lavorato molto, sia al mega complesso di Milano Centrale, sia all’ulteriore miglioramento dei Mercati di Firenze, Torino e Roma. Che messaggio vuole dare al mondo imprenditoriale?

Che lavorare è un gran bene, ma che bisogna sempre essere responsabili. Desidero dire agli amici e operatori del mondo del cibo che questo è un momento in cui è più che necessario unirsi, fare fronte comune, indipendentemente dal proprio colore, usare la massima disciplina possibile, per non rischiare di cadere di nuovo in un frangente tanto drammatico. Le imprese devono infatti dare il maggiore contributo possibile all’uscita dalla pandemia. Credo che chi ci governa sia alle prese con problemi molto seri e che debba dunque essere aiutato, per lo meno dalla condotta di coloro che sono abituati a guidare macchine complesse, meno complesse di una nazione, ma sicuramente non facili da gestire.

Lei ha parlato, in varie occasioni, di tutte le misure anticovid da voi adottate per ripartire in sicurezza. Quali sono le cautele che vorrebbe sottolineare? Forse il Green pass non è tutto…

Il Green pass è già molto ed è un passo importantissimo, visto che attesta un iter vaccinale in corso, o già compiuto. Il vero deterrente al Covid è il vaccino e se il passaporto verde è anche lo strumento per favorire la campagna vaccinale, ben venga. Per affrontare questo momento, ancora di transizione, abbiamo adottato varie cautele, a partire dalla riduzione del 50% dei posti che è possibile occupare. Se Mercato Centrale Milano può accogliere 1.800 posti a sedere, ora facciamo in modo che solo 830 siano disponibili. Poi controlliamo costantemente, sia attraverso i camerieri, sia mediante un corpo di sicurezza appositamente ingaggiato, il rispetto delle norme sul Green pass e la regolarità del documento. Io stesso, talvolta, mi metto a verificare, ed è giusto farlo, perché sappiamo che è una procedura molto gradita ai visitatori, dando la certezza che le persone vicine hanno tutte ottenuto almeno la prima dose.

Tralasciando per un momento il Covid, oggi Mercato Centrale pensa anche all’estero? Sicuramente lei avrà fatto tutte le considerazioni del caso…

Non è per niente facile oggi, per un imprenditore, separare le proprie strategie dalla triste, quanto lunga, parentesi del Covid. Prima della pandemia, nel 2019, Mercato Centrale Firenze aveva 3,7 milioni di ingressi, mentre oggi non possiamo che aspirare a un milione e mezzo. Penso che, solo da marzo 2022, potremo tornare a totalizzare i numeri di sempre, facendo recuperare ai nostri Mercati tutto il loro fascino. Allora, forse, ci potremo rilassare e pensare al futuro, tenendo però sempre alta l’attenzione, visto che uno degli “effetti collaterali” del Covid è di avere lasciato in tutti un senso di minaccia. Detto questo non escludo certo progetti esteri, visto che abbiamo tantissimi corteggiatori da tantissimi Paesi, corteggiatori che saranno, però, di tipo tecnico, visto che Mercato Centrale ha sempre vissuto ed è sempre progredito con mezzi finanziari autonomi, senza sentire il bisogno di ricorrere a una mano creditizia esterna, come un fondo d’investimento.

Mercato centrale è un luogo da vivere e in cui socializzare. Reputa che il matrimonio con l’online e la delivery sia un impossibile?

La delivery di massa non è il nostro mestiere e ritengo che il deterrente della consegna a domicilio di una parte della nostra proposta non concluda, almeno per la formula di Mercato Centrale, la quale si basa, fortemente, sul rapporto umano. Sposare questa formula significherebbe, dunque, deviare dalla nostra professione, che consiste nel preparare al momento piatti e bevande eccellenti, dando tutto il calore e l’accoglienza dell’artigianato alimentare. Mi piace invece, e molto, il nostro servizio aggiuntivo online, realizzato in partnership con cosaporto.it, un e-commerce selettivo e mirato, che mette le persone in condizione di fare una buona spesa, approfittando delle offerte e dei suggerimenti dei nostri professionisti della tavola. È comunque una piattaforma nata prima del Covid e dunque non legata alle circostanze, ma finalizzata a dare, in modo continuativo, un servizio in più.

È forse troppo presto per parlarne. Ma cosa è successo al Mercato di Milano in queste prime settimane?

È un’esperienza entusiasmante. Siamo alla Stazione Centrale, il secondo scalo ferroviario più importante d’Italia: eppure, solo il 3% dei visitatori è costituito da viaggiatori, il che attesta, come noi volevamo, che il Mercato esercita una forte attrazione sulla città e non si riduce al semplice travel retail. Il complesso si conferma una realizzazione destinata a chi vive il territorio, il quartiere, la città. La location, certamente, è importante, e di qualità, ma lo è in quanto luogo che gli italiani e i milanesi conoscono bene, una delle tante icone del capoluogo meneghino. I viaggiatori sono, come tutti, sempre i benvenuti, ma il fatto che ben oltre il 90% dei frequentatori sia costituito da milanesi, e nemmeno da turisti di prossimità, la dice lunga sul radicamento urbano di Mercato Centrale. Nei primi 10 giorni dall’apertura, 2 settembre, abbiamo superato i 150.000 ingressi, un risultato che avevamo toccato solo a Firenze e nei momenti migliori.

(nella galleria fotografica Mercato Centrale Milano)

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