di Armando Brescia

Despar Italia, si sa, è uno dei colossi della distribuzione organizzata, con i suoi 4 miliardi di fatturato 2021, in crescita del 2,2 per cento rispetto al 2020. Rappresenta, da sempre, le varie anime del commercio: supestore, ma anche, e soprattutto, piccoli supermercati e liberi servizi per il presidio del vicinato e dei territori, gestione diretta, ma anche affiliazione. Il tutto in 17 regioni e mediante 6 grandi società. E oggi il suo obiettivo è di allargare ancora il focus, specialmente nel ricco, quanto complesso, mercato lombardo, come ci racconta il direttore generale, Filippo Fabbri.

Cominciamo, appunto, dalla notizia più importante, annunciata ufficialmente pochi giorni fa, in occasione della vostra convention: entrate, con la vostra insegna, in territorio lombardo…

Sì. Anche se, più che di un ingresso, si tratta di un ritorno. Come Despar, infatti, in Lombardia, fino a qualche anno, fa eravamo già presenti. Ora torniamo, grazie ad Aspiag, con un progetto di sviluppo strutturato, fra rete diretta e affiliazione, che prevede investimenti per 300 milioni di euro.

Investimenti importanti. Che ambizioni avete?

L’obiettivo è di arrivare, nel giro dei prossimi quattro anni, a una sessantina di punti vendita in regione, con una media di 15 nuove aperture all’anno: la prima, a insegna Interspar, è prevista già entro fine 2022. Di fatto si punta a replicare il successo che abbiamo registrato in Emilia-Romagna, dove ora possiamo contare su un centinaio di punti vendita e su una delle regioni dove performiamo meglio.

Un territorio molto complicato sul piano competitivo. Come spiega le ragioni di questo successo?

Be’, in primo luogo sono da ricondurre alle capacità del socio Aspiag. Ma anche al fatto che i consumatori avevano voglia di qualcosa di diverso e di nuovo. E il fatto di essere, come Despar, tradizionalmente molto vicini al territorio, alla comunità locale, alle scuole, ai comuni, è stato evidentemente molto apprezzato.

Nelle altre regioni come siete organizzati?

Non siamo presenti in tutte le regioni d’Italia. Aspiag copre ora Triveneto, Emilia-Romagna e Lombardia, con la sola eccezione della provincia di Varese, gestita dal socio 3A, concessionario del marchio Despar anche di Liguria, Valle d’Aosta e Piemonte. Maiora ha la responsabilità per tutto il centro-sud, fino alla Calabria. In Sicilia contiamo sul socio Fiorino, nella provincia di Messina e su Ergon, nel resto dell’isola. La Sardegna è invece in mano a Scs, con un cambio nell’assetto societario avvenuto lo scorso anno grazie all’ingresso (e all’acquisizione del pacchetto di maggioranza - ndr) di F.lli Ibba, che ha riconvertito i punti vendita Simply posseduti nell’ambito dell’accordo di master franchising con Auchan in Despar. Un’operazione, questa, che ci ha permesso di raddoppiare la quota di mercato in Sardegna.

Non ci sono problemi di sovrapposizione territoriale fra i soci?

Assolutamente no, Anzi. La nostra realtà si distingue da altre organizzazioni della Do proprio perché, tra i soci che fanno parte del consorzio abbiamo sei imprese a cui viene affidato un territorio in esclusiva, e all’interno di quel territorio i soci sviluppano in modo autonomo la parte commerciale. Quindi non vi è conflittualità competitiva di alcun tipo nelle aree in cui operano. Questo porta a una migliore relazione di interscambio delle attività e delle esperienze, che poi si sviluppa all’interno del consorzio stesso. Caratteristica che, in altre organizzazioni analoghe alla nostra, non è così evidente.

E nelle regioni dove non siete presenti?

Non c’è una spasmodica ricerca di partner a tutti i costi per assicurare il presidio. Se troviamo imprenditori e realtà che riteniamo affini e in linea con i nostri principi e visione del mercato, bene, diversamente non ne facciamo un dramma. Al momento risultano scoperte Toscana, Umbria e Lazio. Nel basso Lazio, peraltro, è già pronto un progetto, per l’espansione di Maiora.

Qual è il vostro peso nel panorama distributivo italiano?

Ci viene attribuita, da Nielsen, una quota di mercato del 4,1 per cento. La nostra rete si compone di 1.374 punti vendita, il 68% dei quali, prevalentemente superette, in affiliazione. In termini di fatturato, questi ultimi, pesano un terzo del giro d’affari. La nostra strategia punta a crescere in maniera organica, graduale, senza strappi. Per il 2022 abbiamo l’obiettivo di aumentare del 5% il giro d’affari a rete corrente.

Intendete sviluppare ulteriormente il canale dell’affiliazione?

Non c’è la volontà di modificare i pesi nel brevissimo termine, piuttosto di fare evolvere questa parte in modo naturale. I soci, indubbiamente, stanno accelerando su questo canale, perché è quello che ha performato meglio negli ultimi anni. Riteniamo un canale strategico quello del franchising, perché nella stragrande maggioranza dei casi i franchisee sono piccoli imprenditori che conoscono bene il territorio in cui operano e che dedicano grande attenzione alla clientela.

Quale supporto garantite come Centrale?

Supportiamo molto i progetti di sviluppo rete in affiliazione attraverso la formazione e, in particolare, dedichiamo molta attenzione alle tematiche del ricambio generazionale. Realizziamo inoltre materiali con cui tutti i soci possono fare promozione nei confronti di nuovi clienti, definiamo politiche comuni relative ai pagamenti, studiamo iniziative di comunicazione digitale per reclutare nuovi franchisee ecc. Ma non ci occupiamo solo di questo. Presso la sede di Casalecchio di Reno (Bologna) curiamo l’offerta dei prodotti a marchio d’insegna, realizziamo campagne di comunicazione nazionale, partecipiamo ai tavoli di Federdistribuzione, di Adm, di Gs1 ecc.

Parliamo di marca del distributore…

È uno degli asset di sviluppo strategico del nostro gruppo. Attualmente le Mdd Despar si ritagliano una quota del 20,6% nell’offerta grocery, con più di 3.400 referenze. Ma si tratta di una media. La quota che abbiamo su alcuni soci, nei formati più piccoli Despar, raggiunge anche il 28% e il 25% sugli Eurospar, per attestarsi al 19% sugli Interspar. Il nostro obiettivo è di arrivare, nel medio-lungo termine, a raggiungere il 25% di quota media. E considerando che il progressivo, a gennaio-marzo di quest’anno. ci colloca al 21,7% direi che siamo sulla buona strada.

Progetti di e-commerce?

Non c’è, da parte della Centrale, la volontà di spingere su questo versante, anche perché, economicamente parlando, è un canale molto oneroso. Abbiamo pertanto lasciato autonomia progettuale ai singoli soci, alcuni dei quali hanno approfittato del lockdown per dare il via ad alcuni progetti in tal senso.

Come state affrontando gli aumenti dei listini?

Questo è indubbiamente un bel problema. Al momento stiamo cercando di assorbire, per quanto possibile, gli incrementi giustificati dei prezzi delle materie prime in partnership con l’industria. Ma non potremo farlo ancora per molto. Temiamo che, entro la fine dell’anno, vi saranno ricadute sui consumatori in termini di inflazione, che potrebbero toccare anche valori a due cifre.

I rapporti con l’industria?

Il contesto generale non facilita le cose. In alcuni casi siamo costretti a privilegiare i rinnovi con i fornitori dei nostri prodotti a marchio rimandando quelli con l’industria di marca, con il rischio di generare mancanza di merce sugli scaffali e rotture di stock. Cosa che non possiamo permetterci con l’offerta Mdd. Che le tensioni con l’industria di marca siano aumentate, è evidente. E non si tratta di un problema che riguarda solo il nostro gruppo distributivo. Ma credo che non convegna a nessuno guastare i rapporti di collaborazione per avere lo “zero virgola” in più di sconto sui listini, rischiando di non avere il prodotto a scaffale.

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