L’Italia e l’Irlanda hanno in comune la forte vocazione alimentare e la propensione all’export. Nel 2019, secondo i dati di Infomercati esteri, gli irlandesi hanno esportato beni per un valore di circa 153 miliardi di euro, destinati a diventare 163 nel 2020 e 178 nel 2021. Oltre confine alimentari, bevande e prodotti dell’agricoltura e della pesca, una volta sommati, esprimono circa 13 miliardi di euro, in costante crescita, come ci spiega James O’Donnell Direttore Italia di Bord Bia, ente governativo, con sede a Dublino, che si occupa di promuovere, in giro per il mondo, il food and beverage nazionale attraverso un’ampia rete di uffici locali: Milano, Amsterdam, Düsseldorf, Dubai, Londra, Madrid, Mosca, New York, Parigi, Shangai, Singapore e tanti altri.

Perché tante esportazioni?

Perché il nostro Paese ha solo 5 milioni di abitanti e non riuscirebbe a consumare tutto quello che produce. E questo è vero particolarmente per alcuni settori, come il lattiero-caseario e le carni dove i flussi verso l’estero incidono per il 90 per cento sulla formazione del giro d’affari. Del resto, l’agroalimentare in genere è uno dei comparti chiave della nostra economia. Per questo è nato Bord Bia. Insieme alla promozione del nostro agroalimentare e bevande, studiamo anche gli insight di mercato, assicurando che la policy del governo sia allineata alle tendenze dei consumatori di oggi e che la sua offerta rientri in questi trend, in modo da aprire nuove opportunità di mercato, tali da aumentare di continuo la nostra brand awareness.

Quanto è importante l’Italia nella vostra geografia?

Molto importante. Siamo presenti nel Bel Paese da oltre 30 anni e, se consideriamo le 180 nazioni in cui gli irlandesi esportano, ci rendiamo conto che l’Italia è nella top 3 per le carni, specialmente di manzo. Molto rilevanti per la nostra attività sono poi il lattiero-caseario e i prodotti ittici, con un focus particolare su molluschi e crostacei, come gli scampi e le ostriche. Sono tutti prodotti nei quali l’Irlanda ha lunghe tradizioni e un vissuto di qualità molto forte.

Il 1° gennaio di quest’anno è entrata in vigore la Brexit. Questo vi ha creato dei problemi?

I problemi, specie di ordine burocratico e di allungamento e complicazione degli adempimenti, ci sono stati in quanto il Regno Unito è da sempre uno dei nostri maggiori importatori, ma, per fortuna, il vasto numero di nazioni raggiunte ha funzionato da ammortizzatore. C’è poi stata una turbativa di tipo indiretto. Chi esporta dall’Irlanda può farlo in due modi: utilizzando le navi, oppure via terra, passando in territorio inglese, dove però sono sorte, almeno in questo primo momento, varie complessità.

In Italia chi sono i vostri principali interlocutori?

Sicuramente il retail e il mondo Horeca. Quest’ultimo è molto importante, specie perché i nostri prodotti si pongono in una fascia premium, e sono dunque più facilmente collocabili in un contesto ristorativo. Tuttavia, è normalissimo trovare le carni irlandesi presso grandi catene come Esselunga, Conad, Carrefour e Decò. Questo doppio circuito ci ha consentito di ridurre le ricadute del Covid, che ha costretto il mondo del fuori casa a lunghe pause obbligate.

Qual è il suo bilancio del 2020, l’anno più anomalo della storia recente?

Nonostante il 2020 e l'inizio del 2021 abbiano subito un inedito effetto di distorsione, gli esportatori irlandesi non possono lamentarsi. Siamo riusciti ad adattarci e ad avere solo una riduzione minima dei flussi in uscita. La domanda estera si è mantenuta elevata, specie per l’alimentare e il beverage di fascia premium e specie nei nostri maggiori segmenti ossia, come le dicevo, carne, pesce e lattiero-caseario.

Fare promozione non è stato molto più difficile?

Più che altro direi che è stato diverso. Tutto il mondo è cambiato e dunque anche il modo di fare business. Con le dimostrazioni in store rallentate o bloccate, anche noi, come molti operatori di mercato, abbiamo puntato sul digitale per tenere alta la nostra brand awarness, e abbiamo organizzato eventi online di successo, aumentato anche fortemente la nostra presenza sui social network, per tenere vivo il dialogo con i consumatori. La comunicazione in generale è diventata molto più rilevante nel nostro marketing mix, grazie all’aiuto di influencer e testimoni di eccezione, come lo chef e conduttore televisivo Simone Rugiati. Anche le nostre Meat Academy, destinate agli operatori del settore, si sono svolte online: in queste sedi abbiamo continuato spiegare le caratteristiche dei prodotti irlandesi, le modalità di taglio delle carni, le ricette più indicate. Concordo con i tanti osservatori che sostengo il digitale sarebbe dovuto, comunque, esplodere e che il Covid non ha fatto altro che accelerare un processo inevitabile. Per questo la nostra presenza online, da ora in poi, si manterrà elevata, anche quando la pandemia sarà definitivamente sconfitta.

Come agite per fare riconoscere il prodotto irlandese nei punti vendita?

In realtà, giustamente, la legge impone di dichiarare l’origine di moltissimi prodotti alimentari. Dunque, la carne, di qualsiasi provenienza, non avrebbe bisogno di altri elementi per essere facilmente identificata. E questo oggi è ancora più vero, visto che il consumatore è diventato particolarmente attento alle etichette. Ma, ovviamente, questo non basta. Dunque, abbiamo sviluppato un nostro claim, ‘Buona per Natura’, facile da individuare in store e online, presso quelle catene che, come Esselunga e Carrefour, hanno sviluppato da tempo un robusto commercio elettronico.

Avete anche stipulato un accordo con Federcarni…

La collaborazione, particolarmente interessante, avrà una durata iniziale di due anni e comporterà anche azioni di formazione e informazione verso i soci di Federcarni. La Federazione, che raggruppa, dal 1947, i macellai con bottega propria è un partner molto significativo visto che questo canale, in Italia, ha una quota di mercato del 20 per cento e una clientela con un potere di spesa maggiore rispetto a chi acquista carni in Gdo. Il macellaio di fiducia consiglia il cliente nella scelta e gli suggerisce anche le ricette e le modalità di cottura migliori. Si tratta, in sostanza, di un canale premium, che ci ritaglia un altro e importante spazio in quella che è la nostra naturale fascia di mercato. Voglio comunque chiarire che premium non significa inaccessibile - la carne irlandese è praticamente alla portata di tutti – e non significa concorrenziale con le molte e pregevoli varietà italiane. Ma visto che l’Italia ha una domanda che supera di molto l’offerta, un fatto che porta gli italiani a rifornirsi per il 45-50% all’estero, il prodotto irlandese è pronto a rispondere e a porsi come una la maggiore alternativa di qualità.

Una curiosità: sulle tavole irlandesi quali piatti italiani non possono mancare?

I prodotti sinonimi di Italia sono parecchi, anche perché noi viaggiamo molto e l’Italia è una delle nostre grandi mete. Particolarmente apprezzati sono pilastri della dieta mediterranea come pizza, pasta, sughi, ma anche i vini e, fenomeno boom di questi anni, il Prosecco. Un asset, ma credo in tutto il mondo, è poi il Prosciutto di Parma.

Concludiamo con qualche novità…

Come ho detto siamo in un mondo sempre più teso all’informazione. Dunque voglio segnalare la partenza, in autunno, di una vasta campagna di comunicazione, sotto il cappello ‘Buona per natura’. Protagonisti saranno sia i canali adv classici sia i punti vendita. A questo verranno abbinate le affissioni innovative, sui mezzi pubblici delle grandi città come Milano, Bologna e Roma.