In poco meno di due anni Aksìa Group, una delle più solide realtà del private equity italiano, fondata nel 1997 a Milano da un gruppo di imprenditori, ha messo insieme un ricco portafoglio di partecipazioni nell’alimentare nostrano, con particolare riguardo ai panificati e ai primi piatti. L’elenco è nutrito e coerente: Valpizza, La Pizza +1, Megic Pizza, C&D, per i panzerotti e le specialità surgelate, CRM Casa della Piada e Gastone, per le piadine, Alba Tramezzini e Nappi (ingredienti e semilavorati per il dolciario). A spiegarci il perché di questa eccezionale rincorsa è Marco Rayneri, cofondatore e Managing Partner della società.

A quali aziende vi rivolgete?

Il nostro target, che non si limita al food, ma spazia anche su altri settori - come la meccanica, la componentistica, la tecnologia - ha sempre un denominatore comune: focalizzare realtà nazionali sane, piccole e medie, caratterizzate da un alto livello qualitativo e dotate di un solido progetto imprenditoriale. Il nostro scopo è affiancarle nella crescita e coadiuvarle in momenti particolarmente delicati, come i passaggi generazionali e l’internazionalizzazione. Nel nostro Paese, infatti, ci sono molti comparti eccellenti, che però hanno bisogno di un consolidamento, di un lavoro di expertise, di manager dinamici. E questo lavoro, nella nostra visione, deve portare alla nascita di poli di mercato forti, coesi e pronti a lanciarsi su uno scacchiere competitivo più ampio della nostra Italia.

Perché l’alimentare?

Perché, se parliamo di eccellenze nostrane, parliamo, sovente, di alimentare, un settore sempre emergente, al punto da aver saputo tenere testa a una pandemia. Così il nostro progetto ha abbracciato, via via, le piadine, le pizze, gli altri panificati e il dolciario, mettendo a fattore comune elementi come la qualità, la praticità, l’alto contenuto di servizio, la lavorazione artigianale. Del resto, i primi piatti e i panificati non sono i soli che hanno bisogno di validi partner: pensiamo ad alcuni formaggi, al vino, alla salumeria, alla ristorazione, ma anche ai mobili e all’illuminazione. In questi mercati è molto frequente trovare imprenditori che non riescono a fare quel salto che permetterebbe loro di allargare, come meritano, i propri orizzonti. Per mancanza di risorse finanziarie, o per paura dei rischi, essi non riescono, per esempio, a partecipare alle grandi fiere internazionali, cosa invece fattibilissima quando si riesce a creare un gruppo coeso e complementare, con una massa critica importante.

Facciamo un esempio…

Recentemente, in occasione di Anuga di Colonia (9-13 ottobre 2021) il nostro settore delle pizze – che comprende sia prodotti freschi che surgelati – si è presentato, con grande successo, alla platea internazionale, grazie a uno stand concepito in una logica di cross selling e, quindi, dedicato a tutti i nostri marchi. Altro polo significativo per Aksìa è, come dicevamo, quello delle piadine e dei prodotti affini, ossia tramezzini e panzerotti. Anche qui il valore di fondo è la qualità, una qualità che permette di accedere direttamente alla fascia premium dell’offerta. Il nostro intento è di fare in modo che le nostre aziende conservino, anche espandendosi, un posizionamento alto, restando in una fascia più ‘rarefatta’ dal punto di vista competitivo e al riparo da un improbabile confronto con i leader di mercato.

E le performance?

Quando siamo entrati nelle piadine la nostra prima partecipata, Crm Casa della piada, realizzava 800.000 euro di fatturato estero, concentrato in Gran Bretagna. Oggi, dopo 3 anni, i ricavi oltre confine sono balzati a 8 milioni di euro, il tutto con un prodotto non banale, a volte poco conosciuto dagli stranieri e soprattutto in competizione con le tortillas, che hanno una qualità inferiore. E così al Regno Unito, si sono aggiunte la Svizzera, la Spagna, la Polonia, alcuni i Paesi nordici…

E nel mercato delle pizze?

Il ‘copione’ è stato molto simile. Siamo partiti da Valpizza, un’azienda con circa 20 milioni di fatturato nel 2020, in ribasso sul 2019, soprattutto a causa della serrata della ristorazione. Aksìa ha portato in azienda un manager che è uno dei massimi esperti del settore, aggiunto, in 8 mesi, partecipazioni in altre tre aziende, creato un polo con un assortimento completo, arrivando, in meno di un anno, a un fatturato di 70 milioni di euro. Importanti le sinergie produttive e commerciali. Mentre Valpizza esportava il 90% della produzione, La Pizza+1, leader assoluto nel fresco, era attiva quasi solo in Italia. Così oggi Valpizza spinge La Pizza +1 sui mercati internazionali, mentre La Pizza+1 sta aiutando la ‘consorella’ sul mercato italiano.

Altri progetti e dossier?

Allo studio ce ne sono vari, ma per attenerci ai fatti, siamo appena entrati nella pasta fresca grazie a Master, specialista degli gnocchi di patate di alto livello, come quelli fatti in casa. In questo caso l’azienda è già ben piazzata all’estero, operando in 15 Paesi, tra i quali Gran Bretagna, Australia, Usa e Canada. Il progetto, in questo caso, è di creare un ‘polo del lusso’, fornendo tutti i tipi di pasta fresca ripiena che il consumatore può volere. Così stiamo osservando a fondo aree geografiche vocate, come le zone a nord dell’Emila Romagna e del Piemonte, con tre obiettivi chiave: integrazione/sinergia, crescita e internazionalizzazione.

Sono più importanti i capitali o il management?

Sono due elementi inscindibili. Le nostre Pmi di qualità hanno bisogno di capitali per crescere, ma hanno ancora più bisogno di un management che sappia utilizzare le risorse finanziarie in modo razionale ed efficace, seguendo un corretto piano industriale. E molto spesso le realtà di piccole dimensioni faticano a reclutare i talenti giusti per pilotare questo processo, un’operazione che invece diventa molto più agevole con un partner abituato a operare ad ampio raggio e a mettere in sicurezza gli investimenti. Ci sono poi altri elementi importanti, ai quali Aksìa è attenta, come i parametri Esg, che vengono da noi monitorati ogni sei mesi, e la tecnologia, più che mai indispensabile sia per le funzioni interne, come amministrazione e controllo, sia per quelle che, come il marketing, hanno a che fare con il consumatore e con i clienti professionali.

Un’ultima domanda di rigore: quale impatto ha avuto il Covid sulle vostre partecipate alimentari?

Non ci sono state ricadute particolari, visto che l’alimentare, a parte l’Horeca e il food service, non ha vissuto flessioni, ma, se mai, un cambiamento dei canali e degli stili di acquisto. Certo ci sono state alcune difficoltà iniziali nelle esportazioni e, ovviamente, in tutte quelle procedure di management che comportano viaggi e incontri di affari. E oggi, grazie al progressivo ritorno alla normalità, lo scenario è, per le nostre aziende, largamente positivo. Del resto, quando il management è capace, è anche in grado di trovare nuove opportunità. Valpizza, per esempio, che aveva molti clienti nell’Horeca, ha saputo acquisire nuove occasioni nel retail e guardare a nuovi mercati ad alta crescita come la Cina, il Giappone e l’Australia.