di Luca Salomone

Inditex porta alle estreme conseguenze la propria Russia exit: dopo avere chiuso, da marzo 2022, a causa della guerra, i suoi oltre 500 punti vendita nazionali e avere sospeso il commercio elettronico, il gruppo iberico, titolare di sette insegne, fra le quali Zara e Bershka, ha infatti siglato un accordo con Daher group, conglomerata degli Emirati arabi attiva nel real estate e nello sviluppo retail e titolare, per esempio, del Dubai mall (oltre un milione di metri quadrati e 1.200 tenant). Del resto, Daher è già master franchisor del colosso spagnolo per il Medio Oriente e l’Africa.

Una strategia astuta

La cessione, di cui non è stato reso noto l’ammontare, investe tutti i 502 negozi (oggi in locazione), al posto dei quali si insedieranno altre insegne gestite dal compratore.

Inditex ha ottenuto garanzie sul mantenimento del posto di lavoro di una parte molto consistente dei suoi 9.000 addetti russi.

La manovra, in ogni caso, è abbastanza astuta, visto che Inditex lascia sì il suo principale mercato (1,6 miliardi di euro di fatturato, praticamente pari al dato della Spagna), ma si riserva di rientrarvi attraverso accordi di affiliazione – forse con Daher stesso - e quando le condizioni politiche lo permetteranno.

Anche la scelta del partner non è casuale, visto il governo russo considera le nazioni arabe come amiche e permetterà dunque, al nuovo proprietario, di operare liberamente.

Il prezzo della ritirata

Da notare che la casa madre di Zara, riporta Statista, ha totalizzato nel 2021, ricavi per un totale di 27,72 miliardi di euro, recuperando quasi i livelli del 2019 (28,29 miliardi) e la spaventosa perdita del 2020, quando, a causa del Covid, gli introiti erano caduti a 20,4 miliardi.

Nel primo quadrimestre dell’anno in corso Inditex quantificava le perdite legate alla ritirata di Russia in 216 milioni di euro, una somma tuttavia ampiamente compensata da una crescita del reddito del 36 per cento, fino a 6,74 miliardi di euro.